L'UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza nei procedimenti  civili  riuniti
iscritti ai n. 119/C/2006 e 120/C/2006 R.G. Affari Contenz. aventi ad
oggetto opposizione  a  decreti  ingiuntivi  per  pagamento  compensi
professionali, promossi da Gianna Nunzio, nato a Genova il 1°  agosto
1939, residente in Comiso nella via dei Platani n. 14,  elettivamente
domiciliato in Ragusa presso lo studio degli avv.ti Valentino Coria e
Valentina  Cappuzzello  che  lo  rappresentano  e   difendono   anche
disgiuntamente per procura in calce alle copie notificate dei decreti
ingiuntivi opposti, attore opponente; 
    Contro Schembari Rosario, Avvocato, nato a Comiso il  10  gennaio
1957, elettivamente domiciliato in Comiso nella via Gioacchino Iacono
n.  13,  presso  lo  studio  dell'avv.  Salvatore  Iannello  che   lo
rappresenta  e  difende  per  procura  a  margine  delle  memorie  di
costituzione e risposta depositate all'udienza del  13  giugno  2006,
convenuto opposto. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    Con separati ed autonomi atti di citazione ritualmente notificati
il 30 marzo 2006 Gianna Nunzio ha proposto  opposizione  avverso  due
decreti ingiuntivi rispettivamente n. 12/06, R.G. n. 119/C/2006 e  n.
13/06, R.G. n. 120/C/2006 emessi nei suoi confronti  dal  Giudice  di
pace di Comiso il 4 febbraio 2006, entrambi allo stesso notificati il
15 febbraio 2006 ai sensi dell'art. 140 c.p.c., con i quali e'  stato
ingiunto  all'opponente  di  pagare  in  favore   dell'avv.   Rosario
Schembari rispettivamente la  somma  di  €.1.341,23  ed  €.1.6136,63,
oltre interessi e spese del procedimento monitorio, chiedendo che gli
opposti decreti ingiuntivi venissero revocati e/o comunque  con  ogni
formula annullati e dichiarati inefficaci ed in via  subordinata  che
fosse rideterminato l'importo eventualmente ancora dovuto. 
    A  fondamento   delle   proposte   opposizioni   Gianna   Nunzio,
premettendo di avere gia' integralmente corrisposto all'avv.  Rosario
Schembari  le  somme  tutte  allo  stesso  dovute   per   l'attivita'
professionale svolta in suo  favore,  ha  motivato  ed  eccepito  che
nessuna ulteriore somma e' ancora allo stesso dovuta  quali  compensi
professionali per detta attivita'. 
    Con comparse di costituzione e risposta depositate all'udienza di
prima comparizione del 13 giugno 2006 avanti il Giudice  di  pace  di
Comiso adito si e' regolarmente costituito in  entrambi  gli  incoati
giudizi il professionista opposto avv. Rosario  Schembari  il  quale,
contestando i  motivi  tutti  addotti  dall'opponente  con  gli  atti
introduttivi,  ha  preliminarmente  eccepito  la   tardivita'   delle
proposte opposizioni essendo state  le  stesse  notificate  oltre  il
quarantesimo giorno dalla avvenuta notifica  dell'opposto  rilevando,
in conseguenza e secondo consolidata e  costante  interpretazione  di
legittimita',  l'avvenuto  passaggio  in  giudicato  degli  stessi  e
chiedendo la dichiarazione di improponibilita'  e/o  improcedibilita'
e/o inammissibilita'  delle  dette  opposizioni  e,  nel  merito,  in
subordine rigettarsi le domande ed eccezioni tutte formulate nei suoi
confronti, nonche'  confermare  i  decreti  ingiuntivi  opposti,  con
vittoria di spese e compensi di giudizio. 
    Il convenuto opposto, in particolare, ha eccepito  la  tardivita'
ed improcedibilita'  dell'opposizione  evidenziando  e  motivando  al
riguardo che la  notifica  dei  decreti  ingiuntivi  opposti  si  era
perfezionata   -   richiamando   all'uopo   la   citata   consolidata
giurisprudenza di legittimita' - ai sensi  dell'art.  140  c.p.c.  in
data 15 febbraio 2006, mentre gli atti  di  opposizione  introduttivi
dei presenti giudizi sono stati notificati solo il 30 marzo  2006  e,
pertanto,  oltre  il  prescritto  termine  decadenziale  di  quaranta
giorni. 
    Siffatta eccezione, tuttavia, e' stata contestata e  motivata  da
parte opponente la quale ha rilevato  ed  evidenziato  che  gli  atti
opposti - notificati  ai  sensi  dell'art.  140  c.p.c.  in  data  15
febbraio  2006  con  relativa  affissione  e   spedizione   a   mezzo
raccomandata dell'avviso di deposito alla Casa comunale, quest'ultima
ricevuta il successivo 17 febbraio 2006 - sono  stati  effettivamente
conosciuti e ritirati solo il 20 febbraio 2006, data in cui e'  stato
possibile il loro ritiro presso i competenti uffici comunali e  prima
data all'uopo utile stante che il 17 febbraio 2006 (data  del  ritiro
della  raccomandata  contenente  l'avviso  di  deposito   alla   Casa
comunale) e' stato di venerdi', il 18 e 19 febbraio 2006  sono  stati
rispettivamente di sabato e domenica e, pertanto, tali  uffici  erano
chiusi, mentre solo il lunedi' 20 febbraio 2006  -  data  in  cui  e'
stato effettivamente effettuato il relativo  ritiro  -  e'  stato  il
primo giorno utile in  cui  l'opponente  e'  stato  nelle  condizioni
materiali di effettuare il dello ritiro ed in  conseguenza  venire  a
conoscenza del contenuto dei detti atti. 
    Parte  opponente,  in  particolare,  richiamandosi  ai   principi
costituzionali dettati in generale in materia di diritto di difesa  e
di effettivita' del contraddittorio, ha invocato nel  caso  specifico
l'applicazione  di  quella  diversa  e  minoritaria   interpretazione
dottrinale e giurisprudenziale la quale contrasta la  interpretazione
ormai invece consolidata in sede di legittimita' secondo la quale  la
notifica effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c.  prenderebbe  data,
(anche)  per  il  destinatario  della  stessa,  dal  momento  in  cui
l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto  da
notificare presso la casa comunale  ed  aver  affisso  il  prescritto
avviso  alla  porta  dell'abitazione,  spedisce  ai  notificatari  la
raccomandata   con   avviso   di   ricevimento   contenente   notizia
dell'avvenuto deposito. 
    Secondo siffatto indirizzo minoritario,  ripreso  dall'opponente,
la   diversa   consolidata   e   maggioritaria   interpretazione   di
legittimita' non reggerebbe sotto due profili:  1)  perche'  ritenere
che la notifica ex art. 140 c.p.c. prenderebbe data per  entrambe  le
parti - il notificante e il  destinatario  -  da  un  unico  momento,
coincidente con l'ultimo momento dell'iter notificatorio  (spedizione
della raccomandata), comporta la  disapplicazione  del  principio  di
scissione soggettiva  del  momento  perfezionativo  del  procedimento
notificatorio affermato dalla sentenza della Corte costituzionale  n.
477 del 26 novembre  2002,  poi  confermata  anche  dalla  successiva
Ordinanza n. 117 del 12 marzo  2004  oltre  che  dalle  piu'  recenti
pronunce, essendosi precisato  con  le  stesse  che  nell'ordinamento
processuale civile, fra le norme generali sulla  notificazione  degli
atti, risulta ormai presente il principio secondo il quale il momento
in  cui  la  notifica  si  deve  considerare  perfezionata   per   il
notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per
il destinatario; 2) perche' non viene preso  in  considerazione  che,
alla luce del suddetto principio, la data della  notifica  effettuata
ex art. 140 c.p.c. non puo' che essere,  per  il  destinatario  della
stessa, successiva al momento di spedizione della raccomandata ed  in
tal caso coincidere o con  la  data  in  cui  egli  ritira  il  piego
raccomandatoe/o ritira effettivamente l'atto  notificato  o  con  una
data convenzionale pari a  quella  prevista  nella  contigua  materia
delle notifiche a mezzo posta (dieci giorni dalla data di  spedizione
della lettera raccomandata) e cio' per la necessita' di conformare il
procedimento ex art. 140 c.p.c. a quello - strutturalmente analogo  -
previsto in materia di notifiche di atti  giudiziari  a  mezzo  posta
dall'art. 8 della legge n. 890 del 20 novembre 1982, come  modificato
dal decreto-legge n. 35/2005. 
    Con riferimento specifico a questo secondo  profilo,  l'opponente
evidenzia in particolare che, ai sensi  del  citato  art.  8,  quando
l'agente postale non puo' recapitare  il  piego  postale  per  motivi
analoghi a quelli che determinano -  quando  la  notifica  sia  fatta
dall'ufficiale giudiziario -  l'applicazione  dell'art.  140  c.p.c.,
deve anche lui inviare un avviso in  busta  chiusa  a  mezzo  lettera
raccomandata con avviso di ricevimento  ed  in  tal  caso  -  secondo
quanto  prevede  il  quarto  comma  della   predetta   norma   -   la
notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla  data  di
spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla  data  del  ritiro
del  piego,  se  anteriore.  Questa  procedura,   secondo   la   tesi
dell'opponente  sarebbe  strutturalmente  simile  a  quella  prevista
dall'art. 140 c.p.c.,  con  l'unica  differenza  che,  nell'un  caso,
l'ufficiale giudiziario provvede al deposito dell'atto da  notificare
presso la casa comunale, mentre nell'altro l'agente postale  provvede
al deposito del piego presso l'ufficio postale. Cio' nondimeno l'art.
8 introdurrebbe una  regola  diversificata,  laddove  attribuisce  al
destinatario dieci giorni  di  tempo  utile  dalla  spedizione  della
raccomandata per ritirare l'atto presso l'ufficio postale, senza  che
tale periodo decorra a  suo  svantaggio;  mentre  invece  l'art.  140
c.p.c., nell'interpretazione della suprema Corte, farebbe  coincidere
la data della notifica - per il destinatario - con la stessa data  di
spedizione della raccomandata. 
    Afferma quindi l'opponente che, se  non  si  interpretasse  anche
l'art.  140  c.p.c.  come  norma   necessariamente   contenente   una
previsione analoga a quella del citato art. 8, nel senso di  ritenere
perfezionata la notifica  per  il  destinatario,  anche  in  caso  di
notifica ex art. 140 c.p.c., dopo dieci giorni dalla spedizione della
raccomandata (o dal  momento  del  ritiro  dell'atto,  se  anteriore)
anziche' gia' al momento della spedizione stessa,  il  fatto  che  il
destinatario di una notifica ex art. 140  non  possa  beneficiare  di
tale lasso di tempo di dieci giorni manifesterebbe una ingiustificata
disparita' di trattamento perche' casi identici  verrebbero  trattati
in modo ingiustificatamente diverso, oltre che  rappresenterebbe  una
ingiustificata compressione dei termini a  difesa  e  violazione  del
principio dell'effettivita' del contraddittorio ed  anche  in  questo
con  conseguente  inevitabile   ed   ingiustificata   disparita'   di
trattamento. 
    Alla prima  udienza  di  comparizione,  in  entrambi  i  promossi
giudizi, il Giudice di pace di Comiso adito dott. Antonino  Fotia  ha
tuttavia   rilevato   ed   evidenziato   una   propria    causa    di
incompatibilita' alla trattazione  degli  stessi  ed  in  conseguenza
avanzato apposita istanza di astensione al Presidente  del  Tribunale
di Ragusa, da quest'ultimo autorizzata con successivo decreto  emesso
il 21 giugno 2006 e contestuale  designazione  di'  questo  decidente
dell'ufficio del Giudice di pace di Vittoria cui pertanto, in data 19
agosto 2006,  sono  stati  trasmessi  i  relativi  fascicoli  per  il
prosieguo. 
    Nel corso del giudizio, con ordinanza allegata in atti ed  emessa
da questo decidente il 5/14 dicembre 2006, scaduti i termini concessi
alle parti per note difensive dalle stesse  depositate  in  atti,  e'
stata disposta la riunione dei due giudizi di opposizione e  rinviata
all'esito finale ogni decisione in merito  all'eccezione  preliminare
formulata da parte opposta di tardivita' delle proposte  opposizioni,
nonche' sono state  successivamente  assunte  le  prove  testimoniali
richieste ed ammesse ed all'udienza del 25 giugno 2009  la  causa  e'
stata posta in decisione  previa  discussione  orale  e  precisazione
delle rispettive conclusioni da parte dei  difensori  delle  parti  i
quali hanno concluso: 
        per parte opponente «...  l'avv.  Valentino  Coria  anche  in
sostituzione dell'avv. Valentina Cappuzzello, ...  insiste  in  tutto
quanto dedotto e in particolare nella circostanza che le avverse tesi
in  ordine  alla  notificazione  comporterebbero  una   intollerabile
compressione dei termini a difesa, che verrebbero gravemente  ridotti
per la parte notificata. Precisa come da Piaccia. ...; ... Piaccia al
Giudice di pace adito, respinta ogni  contraria  istanza,  difesa  ed
eccezione, ed in accoglimento della spiegata opposizione  e  di  ogni
eccezione e difesa  svolta,  e/o  per  qualunque  altra  motivazione,
ritenere e dichiarare che  la  somma  ingiunta  in  favore  dell'avv.
Rosario Schembari non e' dovuta e, pertanto, revocare e/o dire  nullo
e/o  inefficace  il  decreto  ingiuntivo   opposto;   in   subordine,
dichiarare non dovuta l'importo pari alla differenza fra  l'ammontare
della parcella posta a fondamento del decreto ingiuntivo oggi opposto
di € 1.299,23 - e le maggiori somme versate totale titolo  dal  Prof.
Gianna per un importo di € 1.400,00-, con conseguente  condanna  alla
restituzione e/o alla  compensazione  di  tale  differenza  con  ogni
eventuale ulteriore somma che  dovesse  risultare  dovuta  dal  prof.
Gianna in favore dell'avv. Schembari.» 
        per parte opposta «... l'avv. Salvatore Iannello  insiste  in
tutte le proprie domande ed eccezioni; ... cosi' precisa  le  proprie
conclusioni: Piaccia all'Ill.mo G. d. P.  adito,  reiectis  adversis,
ritenere, dire e  dichiarare  le  opposizioni  ex  adversdo  avanzate
improponibili e/o inammissibili  e/o  improcedibili,  per  tardivita'
delle stesse e conseguente intervenuto giudicato sceso  sui  monitori
in  causa,  e  per  l'effetto  confermare  integralmente  i   decreti
ingiuntivi n. 12/2006 3 n. 13/2006 emesso dal G.d.P.  di  Comiso,  in
via subordinata e nel merito, ritenere, dire e dichiarare che  l'avv.
Schembari ha diritto al pagamento delle somme portate dai due decreti
ingiuntivi n. 12/2006 e n. 13/2006 emessi dal G.d.P.  di'  Comiso,  a
titolo di competenze, onorari, spese, CPA e IVA  per  le  prestazioni
professionali  svolte  in  favore  dell'opponente  e  per   l'effetto
rigettare le avverse opposizioni e confermare integralmente i decreti
ingiuntivi n. 12/2006 e n. 13/2006 emessi dal G. d. P. di Comiso;  in
via ulteriormente gradata, nel caso di  accoglimento  parziale  delle
incoate opposizioni, ritenere, dire e dichiarare il diritto dell'avv.
Schembari al pagamento della minore somma che risultera' dovuta nella
misura determinata dall'Ill.mo Decidente e condannare l'opponente  al
relativo pagamento. In ogni caso  con  condanna  alla  corresponsione
degli interessi di legge e della rivalutazione monetaria sulle  somme
dovute, dal di' del dovuto al soddisfo. ...». 
 
                         Rilevato in diritto 
 
    Questo  decidente  in  effetti  dubita  e,  pertanto,  decide  di
sollevare la relativa questione di legittimita' costituzionale  della
conformita'  dell'art.  140  c.p.c.   ai   principi   dettati   dalla
Costituzione nella parte in cui detta norma procedurale - cosi'  come
interpretata dalla ormai  univoca  e  costante  giurisprudenza  della
suprema  Corte  di  cassazione  -  fa  decorrere  gli  effetti  della
notifica, per il  destinatario  della  stessa,  dal  momento  in  cui
l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto  da
notificare presso la casa comunale  ed  aver  affisso  il  prescritto
avviso alla  porta  dell'abitazione,  completa  l'iter  notificatorio
inviando al destinatario una raccomandata con avviso  di  ricevimento
contenente notizia dell'avvenuto deposito. 
    Il dubbio investe la suddetta norma anzitutto - e  principalmente
- in rapporto al principio di uguaglianza sancito dall'art.  3  della
Costituzione, per ingiustificata disparita' di  trattamento  rispetto
al tertium comparationis costituito dalla  fattispecie  notificatoria
prevista dall'art. 8 della legge  20  novembre  1982,  n.  890,  come
modificato dal decreto-legge n. 35/2005, laddove  quest'ultima  norma
prevede, al quarto comma, in relazione al  caso  in  cui  le  persone
abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutino  di
riceverlo,  ovvero  l'agente  postale  non  possa   recapitarlo   per
temporanea assenza del destinatario o  per  mancanza,  inidoneita'  o
assenza delle persone sopra menzionate, che il piego venga depositato
lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto  alla  consegna  o
presso una sua dipendenza e che del tentativo di notifica del piego e
del suo deposito  presso  l'ufficio  postale  o  una  sua  dipendenza
l'agente postale dia notizia al destinatario inviando  un  avviso  in
busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di  ricevimento,
puntualizzandosi che, in tale ipotesi, la  notificazione  si  ha  per
eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della  lettera
raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore. 
    In secondo luogo il dubbio puo' porsi anche in relazione all'art.
24 Cost. per la conseguente violazione  del  diritto  di  difesa  che
dalla detta diversa disciplina puo' conseguire in via differenziale a
danno del destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c.. 
    Ed  invero,  in  materia  di  notifiche   la   spedizione   della
raccomandata rappresenta il  suo  perfezionamento,  inserendo  l'atto
nella  sfera  di  conoscibilita'  del  destinatario.   Le   ulteriori
formalita' non tutelano il destinatario il quale, se si  costituisce,
per legge  egli  ha  avuto  conoscenza  non  quando  la  raccomandata
informativa e' giunta al suo indirizzo, bensi'  quando  vi  e'  stata
spedita. Cio' comporta, in  effetti,  una  riduzione  dei  termini  a
difesa rispetto ai soggetti che ricevono la notifica a  mani  proprie
oppure a mezzo posta. 
    Identificare, qualora il processo sia  avviato  con  notifica  ex
art. 140 c.p.c., l'instaurazione del contraddittorio con  il  momento
perfezionativo  della  notifica  dal  punto   di   vista   solo   del
notificante, senza tenere conto del momento in cui l'atto informativo
entra (che e' cosa  diversa  dall'esservi  spedito)  nella  sfera  di
conoscibilita'   del    notificato,    significa    configurare    il
contraddittorio non in modo effettivo e cio'  contrasta  sia  con  il
principio della parita' delle parti dettato dalla  costituzione,  sia
con l'ancor piu' generale principio della «giustizia»  del  processo,
rinvenibile nell'art. 111, primo comma, Cost.. 
    Inoltre, l'insussistenza di motivi di  ragionevolezza  alla  base
della fictio iuris che identifica l'instaurazione del contraddittorio
ex art. 140 c.p.c., contrasta con l'art. 3, primo comma, cost., nella
sua accezione di  tutela  della  ragionevolezza  come  confine  della
discrezionalita'    del    legislatore    ordinario.    Infine,    la
«retrocessione» del contraddittorio  che  l'art.  140  c.p.c.  impone
tramite fictio iuris, lede l'art. 24 Cost., nella parte  in  cui,  al
secondo comma, tutela il diritto di difesa come inviolabile  in  ogni
stato del processo e quindi anche al momento  dell'instaurazione  del
contraddittorio: i termini di difesa che  il  legislatore  concede  a
seguito della in jus vocatio sono infatti ridotti per chi subisce  la
notifica ex art. 140 c.p.c. in misura superiore a  quella  necessaria
per rendere attuabile in tempi ragionevoli il  perfezionamento  della
notifica (ovvero tutelare ii diritto di difesa della controparte). 
    Sotto i suddetti profili, pertanto,  deve  ritenersi,  oltre  che
rilevante,   non   manifestamente   infondata   la    questione    di
illegittimita'   costituzionale   dell'art.   140   c.p.c.   ed,   in
conseguenza,  la  stessa  va   posta   all'attenzione   della   Corte
costituzionale. 
 
                   Sulla rilevanza della questione 
 
    Nel caso che ci occupa  il  collegamento  giuridico  tra  la  res
giudicanda e la norma  ritenuta  incostituzionale  appare  del  tutto
evidente. 
    Principalmente  assume  manifesta  rilevanza,   ai   fini   della
decisione,  la  questione  di  carattere  assolutamente   preliminare
relativa alla applicabilita' della norma de quo la quale  costituisce
il referente normativa di riferimento ed alla quale, pertanto, questo
decidente deve richiamarsi ai  fini  della  decisione  dell'eccezione
preliminare - peraltro anche pregiudiziale ai fini della  trattazione
della causa nel merito - formulata da parte opposta e  relativa  alla
tardivita'  o  meno  delle  proposte  opposizioni.  Inoltre  siffatta
questione e' rilevante  ai  fini  del  decidere  in  questo  giudizio
poiche' in esso si discute proprio di quale sia la data  di  notifica
dei decreti ingiuntivi opposti - effettuata in  entrambi  i  casi  ex
art. 140 c.p.c.  -  da  considerare  efficace  per  il  destinatario,
attuale opponente:  laddove,  seguendosi  la  tesi  maggioritaria  di
legittimita' secondo cui tale data coinciderebbe con il giorno in cui
l'ufficiale giudiziario spedisce al destinatario la raccomandata (nel
caso specifico il 15 febbraio  2006),  la  opposizione  nella  specie
dovrebbe considerarsi tardiva e quindi improcedibile perche' proposta
oltre il termine decadenziale di quaranta giorni di cui all'art. 641,
primo comma, c.p.c. (l'atto di opposizione essendo stato notificato a
mani in data 30 marzo 2006); mentre, reputandosi che la data coincida
con  il  giorno  di  effettivo  ritiro  dell'atto   e/o   del   piego
raccomandato contenente lo stesso (20 febbraio 2006) o con il decorso
dei dieci giorni  successivi  alla  spedizione  (25  febbraio  2006),
l'opposizione monitoria dovrebbe  considerarsi  tempestiva  e  quindi
procedibile. 
    Da ultimo,  in  ogni  caso,  questo  decidente  ritiene  di  bene
evidenziare che la questione di legittimita'  costituzionale  di  una
norma puo' essere rilevata anche d'ufficio non solo per risolvere  il
merito della controversia, ma pure per risolvere dubbi  su  questioni
pregiudiziali considerato che il giudice e' chiamato  -  sia  pur  in
modo indiretto o implicito - a far  applicazione  delle  norme  nelle
quali  trovano  legittimazione  ratto  impugnato   ed   il   relativo
procedimento instauratosi con la proposta impugnazione dello stesso. 
    Per  i  superiori  motivi,  pertanto,  questo  decidente  intende
sottoporre alla  Corte  costituzionale  -  come  in  effetti  con  il
presente atto sottopone  -  il  quesito  relativo  alla  legittimita'
costituzionale - sotto vari profili  -  dell'art.  140  c.p.c.  nella
parte in cui, cosi' come interpretato dalla ormai univoca e  costante
giurisprudenza  di  legittimita',  fa  decorrere  gli  effetti  della
notifica, per il  destinatario  della  stessa,  dal  momento  in  cui
l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto  da
notificare presso la casa comunale  ed  aver  affisso  il  prescritto
avviso alla  porta  dell'abitazione,  completa  l'iter  notificatorio
inviando al destinatario una raccomandata con avviso  di  ricevimento
contenente  notizia   dell'avvenuto   deposito,   anziche'   ritenere
perfezionata la notifica  per  il  destinatario,  anche  in  caso  di
notifica ex art. 140 c.p.c., dopo dieci giorni dalla spedizione della
raccomandata (o dal momento del ritiro dell'atto, se  anteriore)  e/o
dal momento in  cui  il  destinatario  ritira  effettivamente  l'atto
depositato presso la Casa comunale (anch'esso se anteriore)  avendone
in tal modo piena conoscenza e/o conoscibilita' e cio', da  un  lato,
per la necessita' di conformare il procedimento ex art. 140 c.p.c.  a
quello - strutturalmente analogo - previsto in materia  di  notifiche
di atti giudiziari a mezzo posta dall'art. 8 della legge n.  890  del
20 novembre 1982, come modificato dal decreto-legge  n.  35/2005,  in
tal modo uniformando i due richiamati  procedimenti  notificatori  ed
evitando una ingiustificata  disparita'  di  trattamento,  oltre  che
evitando  una  ingiustificata   difformita'   dovuta   alla   diversa
compressione dei termini a  difesa  e  la  violazione  del  principio
dell'effettivita' del contraddittorio e, dall'altro, facendo  in  tal
modo corretta applicazione del principio di scissione soggettiva  del
momento perfezionativo del procedimento notificatorio affermato dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002,  poi
confermata anche dalla successiva Ordinanza n. 117 del 12 marzo  2004
oltre che dalle piu' recenti pronunce,  essendosi  precisato  con  le
stesse che nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali
sulla notificazione degli atti, risulta ormai presente  il  principio
secondo il quale il momento in cui la notifica  si  deve  considerare
perfezionata per il notificante deve distinguersi da  quello  in  cui
essa si perfeziona per  il  destinatario,  principo  questo  peraltro
recepito dal legislatore del 2005 anche se solo per la norma relativa
alla notificazione a mezzo posta (art. 149, co. 3, c.p.c.). 
 
                  Sulla non manifesta infondatezza 
 
Violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione. 
    In merito al requisito della  non  manifesta  infondatezza  della
questione di  legittimita'  costituzionale  della  norma  de  quo  in
relazione alla richiamata disparita' di trattamento lesiva  dell'art.
3 Cost., oltre che in relazione  alla  compressione  del  diritto  di
difesa lesiva dell'art. 24 Cost., questo decidente ritiene lo  stesso
sussistente. 
    Ed invero, l'art. 140 c.p.c. e l'art. 8, legge 20  novembre  1982
n. 890 prevedono modalita' notificatorie alquanto simili in  presenza
di analoghi e presupposti di fatto. In  entrambi  i  casi,  sia  pure
descritti nei due articoli in modo  letteralmente  non  identico,  la
notifica non puo' effettuarsi direttamente al  destinatario,  perche'
questi non e' reperibile in loco o perche'  le  persone  abilitate  a
ricevere il piego in luogo di  lui  rifiutano  di  riceverlo,  ovvero
perche' vi e' temporanea assenza  del  destinatario  o  la  mancanza,
inidoneita' o assenza delle persone  sopra  menzionate.  Ecco  allora
che, in un caso, quello  di  cui  all'art.  140  c.p.c.,  l'ufficiale
giudiziario deposita la copia dell'atto da notificare nella casa  del
Comune dove la  notificazione  deve  eseguirsi,  affigge  avviso  del
deposito in busta chiusa e sigillata  alla  porta  dell'abitazione  o
dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene da' notizia per
raccomandata con avviso di ricevimento;  analogamente,  nel  caso  di
notifica ex art. 8, legge n. 890/1982, l'agente postale  deposita  il
piego presso l'ufficio postale preposto alla consegna  o  presso  una
sua dipendenza e del tentativo  di  notifica  del  piego  e  del  suo
deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza da' notizia al
destinatario  mediante  avviso  in  busta  chiusa  a  mezzo   lettera
raccomandata con  avviso  di  ricevimento.  L'unica  vera  differenza
strutturale  tra  le  due  fattispecie  notificatorie,  in  sostanza,
consiste nel fatto  che,  nel  primo  caso,  l'ufficiale  giudiziario
provvede al deposito della copia  presso  la  casa  comunale,  mentre
nell'altro l'agente postale provvede al  deposito  del  piego  presso
l'ufficio postale (ove nel  primo  caso  e'  invece  depositato  solo
l'avviso, in caso di assenza  del  destinatario  al  momento  in  cui
avviene il tentativo di consegna della raccomandata). 
    Si tratta allora di verificare se questa differenza possa  ex  se
giustificare  l'operare  della  successiva  regola   differenziatrice
secondo cui solo nella notifica  postale  il  destinatario  ha  dieci
giorni di tempo dalla  spedizione  della  raccomandata  per  ritirare
l'atto presso l'ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo
svantaggio, laddove invece l'art. 140 c.p.c. -secondo la tradizionale
interpretazione di legittimita' - farebbe coincidere  la  data  della
notifica con la stessa data di spedizione della raccomandata. Al fine
di una tale verifica, tuttavia, e' necessario un breve riesame  dello
sviluppo    che,    nell'ultimo    decennio,    ha     contrassegnato
l'interpretazione giurisprudenziale e  la  modificazione  legislativa
delle norme in oggetto. 
    Giova  allora  anzitutto  rammentare  che  un  primo   importante
intervento si ebbe con la pronuncia della Corte cost. n. 346 del 1998
in cui la Consulta pose in rilievo l'esistenza di una  ingiustificata
disciplina discriminatoria a danno del destinatario  di  notifiche  a
mezzo posta rispetto ai destinatari di notifiche effettuate ai  sensi
dell'art.  140  c.p.c.  La  Corte   dichiaro'   -   tra   l'altro   -
costituzionalmente illegittimo, per violazione degli articoli 3 e  24
Cost., l'art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890,
nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di  ricevere
il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle  persone
abilitate alla ricezione ovvero  in  caso  di  mancato  recapito  per
temporanea assenza del destinatario o  per  mancanza,  inidoneita'  o
assenza  delle  persone  sopra  menzionate,  del   compimento   delle
formalita' descritte e del deposito del piego fosse data  notizia  al
destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento.  Il
Giudice delle leggi pose a fondamento della sua  decisione  in  primo
luogo la constatazione secondo cui, «... nel sistema delineato  dalla
legge  20  novembre  1982,  n.  890,  l'ufficiale  giudiziario   puo'
utilizzare il servizio postale per la notificazione di tutti gli atti
in materia civile, amministrativa e  penale,  salvo  che  l'autorita'
giudiziaria disponga, o la parte richieda, che la  notificazione  sia
eseguita personalmente (art. 1, primo comma).  In  materia  civile  e
amministrativa, inoltre, egli  deve  sempre  avvalersi  del  servizio
postale per le notificazioni da eseguirsi fuori  del  comune  ove  ha
sede l'ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione  sia
eseguita personalmente (art. 1, secondo comma).  Salva  la  richiesta
del  notificante  di   eseguire   la   notificazione   personalmente,
l'ufficiale giudiziario ha dunque la facolta' - e talvolta  l'obbligo
- di utilizzare il servizio  postale  ...».  Cio'  premesso,  rilevo'
quindi che la diversita' di disciplina tra le notificazioni  a  mezzo
posta e quelle eseguite personalmente dall'ufficiale giudiziario  non
potesse ne' dovesse comportare una  menomazione  delle  garanzie  del
destinatario delle prime. 
    Osservo' in particolare che, mentre l'art. 140  cod.  proc.  civ.
imponeva ed impone all'ufficiale giudiziario di dare comunicazione al
destinatario, mediante raccomandata con avviso  di  ricevimento,  del
compimento delle formalita' indicate, allo scopo di garantire che  il
notificatario   abbia   un'effettiva   possibilita'   di   conoscenza
dell'avvenuto deposito dell'atto; una disposizione  siffatta  mancava
invece nella disciplina censurata (ossia quella posta dal citato art.
8) che, pertanto, risultava al tempo stesso priva di ragionevolezza e
lesiva della  possibilita'  di  conoscenza  dell'atto  da  parte  del
notificatario e, quindi, del  diritto  di  difesa  costituzionalmente
garantito,  perche':  «...  se  rientra  nella  discrezionalita'  del
legislatore la conformazione degli istituti processuali e, quindi, la
disciplina  delle  notificazioni,  un  limite  inderogabile  di  tale
discrezionalita'  e'  rappresentato  dal  diritto   di   difesa   del
notificatario ...». La Corte non manco' neppure  di  segnalare  che:»
... le insufficienti garanzie di conoscibilita' che presenta  per  il
notificatario la notificazione a mezzo del servizio postale derivano,
in ultima analisi, dalla scelta del modo di notificazione  effettuata
da soggetti, l'ufficiale  giudiziario  e  il  notificante,  privi  di
qualsivoglia interesse alla conoscibilita'  dell'atto  da  parte  del
notificatario:  il  solo  notificante,   infatti,   puo'   richiedere
all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente  e,
qualora  cio'  non  faccia,  l'ufficiale  giudiziario  puo',  a   sua
discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione ... ». 
    Per effetto della suddetta  sentenza  della  Consulta,  l'art.  8
della legge 20 novembre 1982, n. 890 e' stato dunque applicato,  fino
al 2005, come se prevedesse l'obbligo di invio della raccomandata  da
parte dell'agente postale. 
    Il legislatore, come s'e' detto, e' poi intervenuto  nel  2005  -
dando anche  specifica  attuazione  normativa  alla  pronuncia  della
Consulta -, cosi' modificando il citato art. 8, legge n. 890/1982 con
l'art. 2 del decreto-legge 14  marzo  2005  n.  35,  convertito,  con
modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80 («Disposizioni  urgenti
nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale  e
territoriale»). A seguito di tale modifica la norma prevede  ora  che
(comma 2) «... se le persone abilitate a ricevere il piego, in  luogo
del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente  postale
non puo' recapitarlo per temporanea assenza del  destinatario  o  per
mancanza, inidoneita' o assenza delle persone  sopra  menzionate,  il
piego  e'  depositato  lo  stesso  giorno  presso  l'ufficio  postale
preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo  di
notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o  una
sua dipendenza e' data notizia al destinatario,  a  cura  dell'agente
postale preposto alla consegna, mediante avviso  in  busta  chiusa  a
mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso  di
assenza del destinatario, deve essere affisso alla  porta  d'ingresso
oppure immesso nella cassetta della  corrispondenza  dell'abitazione,
dell'ufficio o dell'azienda ... ». Si aggiunge poi (al comma 4°)  che
«... la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci  giorni  dalla
data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma
ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore ... ». 
    Con  siffatte  disposizioni,  come  e'  agevole  constatare,   il
legislatore  non  si  e'  limitato  a  introdurre  in  modo  espresso
l'obbligo di spedizione della raccomandata, ma  ha  anche  posto  una
regola  di  maggior  tutela  per  il  destinatario   della   notifica
attraverso la fissazione di un termine (massimo) di dieci giorni  per
il ritiro del piego, termine utile a far decorrere gli effetti  della
notifica per il destinatario stesso al fine dello svolgimento di ogni
ulteriore e successiva attivita' processuale di suo interesse. 
    Pertanto, quanto alle notifiche di atti giudiziari a mezzo  posta
nei casi di assenza o rifiuto di cui all'art. 8, secondo comma, legge
n. 890/1982, il sistema - ormai  basato  sul  generale  principio  di
scissione soggettiva  del  momento  perfezionativo  del  procedimento
notificatorio (come cerziorato anche da Corte cost. 23 gennaio  2004,
n. 28) - si completa in questo senso: per il notificante,  a  seguito
della  sentenza  della  Corte  cost.  n.  477/2002,  la  notifica  si
perfeziona  comunque  al  momento   della   consegna   dell'atto   da
notificare; per il notificatario, si perfeziona decorsi dieci  giorni
dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo
comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. 
    Ne risulta, pero', un capovolgimento vero e proprio  rispetto  al
sistema precedente in cui era l'art. 8 ad apprestare  una  disciplina
meno garantista per il notificatario rispetto a quella  apprestata  -
in presenza di analoghi presupposti di fatto - dall'art. 140  c.p.c..
Ora, infatti, il destinatario di una notifica di un atto  giudiziario
a mezzo posta fruisce di un termine comunque  maggiore  (fino  ad  un
massimo di dieci giorni) rispetto a quello  di  cui  puo'  fruire  il
destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c. 
    Ed   invero,   per   la   tradizionale,   costante,   consolidata
interpretazione di legittimita' dell'art. 140 c.p.c., la notifica  si
perfeziona in questo caso, per il notificatario, gia' ai  momento  di
spedizione della raccomandata. Siffatto principio appare  oggi  ormai
costante e consolidato, oltre che riconosciuto  tale  finanche  dalla
stessa Corte cost. (con la sentenza 12 marzo 2004, n. 97). 
    Infatti la suprema Corte di cassazione, anche in occasione  delle
sue piu' recenti pronunce sul tema (anche successive a  Cass.  SU  n.
458 dei 13 gennaio 2005; cfr. ad es. Cass. sez.  3  n.  3685  del  21
febbraio 2006;  ma,  indirettamente,  anche  Cass.  n.  23576  del  3
novembre 2006; Cass. n. 6218 del 16 marzo 2007; Cass. S.U. n. 627 del
14 gennaio 2008) e  con  le  quali  ha  riaffermato,  giustappunto  a
proposito  della  notifica  ex  art.  140  c.p.c.,  il  principio  di
scissione soggettiva  del  momento  perfezionativo  del  procedimento
notificatorio, ha precisato che la notificazione ex art.  140  c.p.c.
deve ormai reputarsi eseguita, per il notificante,  con  la  consegna
dell'atto  da  notificare  all'ufficiale  giudiziario,  ma,  per   il
destinatario, come si e' sempre reputato anche  in  passato,  con  il
compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della
raccomandata con avviso di ricevimento). In  tale  contesto,  l'unica
precisazione aggiuntiva  fatta  dalla  suprema  Corte  a  tutela  del
destinatario riguarda pur sempre gli effetti della  notifica  per  il
notificante. Essa, infatti, ha ritenuto di dover fare salva  in  ogni
caso la necessita' che l'avviso di ricevimento sia allegato  all'atto
notificato,  poiche'  la  sua  mancanza  provoca  la  nullita'  della
notificazione  per  impossibilita'  di  accertare  che   questa   sia
effettivamente  pervenuta  al  destinatario  o  nella  sua  sfera  di
effettiva conoscibilita'; nullita' che, peraltro, puo' restare sanata
per effetto della costituzione del destinatario o della  rinnovazione
della notifica ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. 
    Pur in presenza di tale specificazione, la suprema Corte  non  ha
ritenuto di poter trarre in  via  interpretativa  regole  di  maggior
tutela per il notificatario, continuando dunque  ad  opinare  che  la
data di notifica per quest'ultimo ancora debba coincidere con la data
di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (e non con
la data di effettiva ricezione dell'atto da notificare o con una data
convenzionale comunque successiva alla spedizione). 
    Cio', si e' affermato, sarebbe conseguenza anche del fatto che la
data di notifica per il destinatario puo' avere  come  riferimento  i
variabili momenti volta a volta ritenuti idonei  dal  legislatore  ad
individuare  l'entrata  dell'atto  nella  sfera   di   conoscibilita'
«giuridica» del destinatario della notifica. 
    Esaminando quindi proprio la consimile fattispecie  notificatoria
disciplinata dall'art. 8, della legge 20 novembre 1982,  n.  890,  la
suprema Corte ha ritenuto che questa non possa essere applicata anche
alla raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario, in ipotesi di
notifica a persona irreperibile, da'  notizia  del  compimento  delle
operazioni previste dall'art. 140 cod. proc. civ., ritenendo  che  le
modalita'  di  notificazione  previste  nell'art.  140  c.p.c.  siano
appunto  autonomamente  idonee  a  porre  l'atto   nella   sfera   di
conoscibilita' del destinatario (Cass. 26  febbraio  2008,  n.  4959;
Cass. 15 giugno 2007, n. 13984; Cass.  21  febbraio  2006,  n.  3685;
Cass. 8 gennaio 2002, n. 131; Cass. 26 gennaio 2000, n. 857). 
    Il  supremo  Collegio  ha  avuto  anche  modo  di  precisare  che
l'eventuale diversita' di disciplina con altri tipi di  notificazione
come quella a mezzo  posta  puo'  trovare  obiettiva  giustificazione
nella diversita' dei relativi presupposti, il  che  escluderebbe  che
l'art. 140 c.p.c. si ponga in contrasto  con  gli  articoli  3  e  24
Cost.; ad esempio, nella notificazione a mezzo del servizio  postale,
il piego che e' depositato presso l'ufficio postale ed  eventualmente
resti ivi in giacenza per un tempo ritenuto non congruo  dal  giudice
delle leggi, contiene  l'atto  da  notificare,  mentre,  nell'ipotesi
prevista dall'art. 140 cod. proc. civ.,  il  piego  in  giacenza  non
contiene tale atto, bensi'  l'avviso  che  lo  stesso  e'  depositato
presso la casa comunale. 
    In effetti tale differenza sussiste, ma a  ben  vedere  e'  stata
posta in rilievo dalla suprema Corte per  escludere  una  lesione  ai
principi costituzionali di uguaglianza e difesa soprattutto,  se  non
esclusivamente, in relazione alla durata del tempo  di  giacenza  del
plico e non in relazione alla data da cui dovrebbe prendere efficacia
la notifica per il destinatario. 
    La  suprema  Corte  ha  altresi'  osservato  che  «...  la  Corte
costituzionale, nel dichiarare l'illegittimita' dei commi due  e  tre
dell'art. 8 cit., ha avuto riguardo  proprio  alla  notificazione  di
atti giudiziari a mezzo del servizio postale (non ad altre  attivita'
cui la relativa disciplina  potesse  ritenersi  estensibile),  ed  ha
ritenuto che la tutela del diritto di difesa del  destinatario  della
notificazione  a  mezzo  del  servizio  postale   possa   conseguirsi
attraverso le medesime garanzie gia' previste  dall'art.  140  c.p.c.
per la notificazione a  mezzo  di  ufficiale  giudiziario,  ossia  la
giacenza dell'atto da notificare  per  un  tempo  non  eccessivamente
limitato e l'avviso, a mezzo di lettera raccomandata, delle attivita'
compiute. La procedura di notifica prevista dall'art. 140 c.p.c.  e',
dunque,  da  ritenersi  gia'  idonea  a  garantire  i   diritti   del
notificatario, al punto da essere assunta  dal  giudice  delle  leggi
quale modello per altri tipi di notificazione ... ». 
    Anche questo rilievo, tuttavia, se  serve  ad  escludere  che  la
disciplina dell'art. 140 c.p.c. sia intrinsecamente tale da collidere
tout court con  i  principi  costituzionali  specificamente  posti  a
presidio dei diritti difensivi  (ad  esempio,  sotto  il  profilo  di
un'eccessiva o incongrua brevita' del termine che puo'  residuare  al
destinatario della notifica per compiere successivi atti d'impulso  o
difesa, le volte in  cui  egli  venisse  concretamente  a  conoscenza
dell'atto da notificare diversi giorni dopo  la  data  di  spedizione
della raccomandata); e' ininfluente al fine di  valutare  il  profilo
della disparita' ingiustificata di disciplina che viene ora e qui  in
evidenza (in relazione al termine massimo di dieci giorni di cui puo'
disporre il notificatario) a seguito ed  in  ragione  della  modifica
apportata  all'art.  8  della  legge  n.  890/1982  dall'art.  2  del
decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35. 
    Tale specifico profilo discriminatorio non risulta sia mai  stato
espressamente esaminato  dalla  suprema  Corte  e,  per  la  verita',
nemmeno dalla giurisprudenza di merito, tenuto conto che, pur essendo
stata  esaminata  ex  professo  la  problematica  in  oggetto  in  un
articolato precedente di primo grado (Trib. Genova 3  novembre  2005,
In D & G, 2006, 6, 19 e ss.), peraltro  espressamente  richiamato  ed
allegato  da  parte  opponente,  con  tale  decisione  si   e'   piu'
specificamente valutata un'eventuale lesione del  diritto  di  difesa
contemplato nell'art. 24 Cost. di cui  potrebbe  restare  vittima  il
destinatario di una notifica  ex  art.  140  c.p.c.,  piuttosto  che,
direttamente, l'eventuale lesione al principio di uguaglianza di  cui
all'art. 3 Cost., anche se tra le  pieghe  della  motivazione  questo
profilo sembra comunque presente. 
    In concreto, come gia' evidenziato e rilevato, deve ritenersi non
manifestamente infondato il dubbio che l'art. 140 c.p.c. si ponga  in
contrasto con l'art. 3 della Costituzione, oltre che  con  l'art.  24
Cost., se non interpretato ed applicato in modo conforme  all'art.  8
della legge n. 890/1982. Sembra infatti probabile, come anche  deduce
l'opponente, che laddove il destinatario di una notifica ex art.  140
non possa beneficiare dei dieci giorni di  tempo  (massimo)  previsti
dall'art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 20  novembre  1982,
si  manifesti  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento,  con
conseguente violazione  dell'art.  3  Cost.,  perche'  casi  identici
verrebbero trattati in modo ingiustificatamente  diverso.  Di  fatto,
l'art. 8, quarto comma, dando un termine (massimo)  di  dieci  giorni
per il ritiro del piego, elimina in radice  l'ingiusta  erosione  del
termine per svolgere le successive attivita' difensive (come nel caso
di specie per proporre opposizione a decreto ingiuntivo),  riportando
la situazione di garanzia delle parti in equilibrio:  per  un  verso,
lascia un tempo congruo al destinatario per ritirare l'atto;  mentre,
per l'altro, non rende troppo onerosa la  notifica  per  il  mittente
che, comunque, potra' dare per notificato l'atto decorso  il  termine
di dieci giorni. Un simile effetto non  e'  garantito  dall'art.  140
c.p.c., esponendo il destinatario di una notifica effettuata ai sensi
di tale norma ad un trattamento meno garantista, pur in  presenza  di
presupposti di fatto analoghi e per di piu' sulla base di una  scelta
della tipologia di notifica che, come  gia'  segnalato  nella  citata
sentenza della Corte cost. n. 348/1998, viene effettuata,  di  norma,
«... da soggetti, l'ufficiale giudiziario e il notificante, privi  di
qualsivoglia interesse alla conoscibilita'  dell'atto  da  parte  del
notificatario:  il  solo  notificante,   infatti,   puo'   richiedere
all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente  e,
qualora  cio'  non  faccia,  l'ufficiale  giudiziario  puo',  a   sua
discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione  ...  ».
E' quindi evidente che proprio il controinteressato potra'  scegliere
di far effettuare  una  notifica  ex  art.  140  c.p.c.  privando  il
notificatario della  maggior  garanzia  costituita  dalla  disciplina
prevista dall'art. 8, legge n. 890/1982. 
    Questa evidenza sarebbe gia' di per se' sola idonea a  dimostrare
la non conformita' a costituzione della detta lettura  dell'art.  140
c.p.c.  a  prescindere   dalle   (comunque   secondarie)   differenze
strutturali dei due procedimenti notificatori a confronto, poiche' la
diversa allocazione del plico o dell'avviso (casa comunale o  ufficio
postale), o la piu' o meno indicativa serie di  notizie  fornite  ora
dall'ufficiale giudiziario  (ex  art.  40  disp.  att.  c.p.c.),  ora
dall'agente postale (ex art.  8,  legge  n.  890/1982),  non  possono
considerarsi fattori  in  grado  di  giustificare  una  differenziata
disciplina che discrimini la tutela del notificatario fino  al  punto
da privarlo del ridetto maggior termine per  rendersi  effettivamente
edotto dell'atto notificando e cio' per di piu'  sulla  base  di  una
scelta - in ordine al modo di effettuazione della notifica -  rimessa
all'unilaterale arbitrio ed interesse del notificante o, nel migliore
dei casi, dell'ufficiale giudiziario. 
    Si ripropone  dunque,  sia  pure  in  senso  inverso,  quel  fine
garantistico  gia'  segnalato  sotto  questo  profilo  dalla   citata
sentenza della Consulta n.  348/1998,  con  un  rilievo  direttamente
refluente nella sfera  dell'art.  3  Cost.,  ma  con  riflessi  anche
indiretti rispetto all'art. 24 Cost., nella misura  in  cui  e'  dato
comunque  ravvisare  un  difetto  differenziale  di  tutela  per   il
destinatario di una notifica  ex  art.  140  c.p.c.,  essendo  questi
costretto a presidiare con tendenziale continuita'  e  pervicacia  la
sua cassetta postale - come da piu' parti e' stato segnalato -  anche
in periodo di vacanza o ferie, per  evitare  il  rischio  di  perdere
tempo utile al compimento di attivita' difensive che prendano data  a
partire dall'avvenuta notifica, mentre molto meno rischiosa e onerosa
e' la situazione del destinatario di un notifica postale ex  art.  8,
legge n. 890/1982. 
    Deve inoltre segnalarsi che proprio la  pronuncia  della  suprema
Corte a SSUU n. 458 del 13 gennaio 2005, laddove  fa  salva  in  ogni
caso la necessita' che l'avviso di ricevimento sia allegato  all'atto
notificato (poiche' la sua mancanza provocherebbe la  nullita'  della
notificazione  per  impossibilita'  di  accertare  che   questa   sia
effettivamente  pervenuta  al  destinatario  o  nella  sua  sfera  di
effettiva conoscibilita') concorre a far emergere il predetto profilo
di inadeguata tutela difensiva. 
    Infatti, nel ritenere che la verifica da compiere  attraverso  la
fisica disponibilita' dell'avviso di ricevimento sia  «postulata  del
resto dalla stessa previsione normativa nel momento in  cui  richiede
che la spedizione  della  raccomandata  abbia  luogo  con  avviso  di
ricevimento»,   la   stessa   suprema   Corte   finisce   per   porre
implicitamente in evidenza la necessita' di  una  revisione  del  suo
stesso  orientamento,  laddove  continua  ad  affermare  che  per  il
notificatario la notifica ex  art.  140  c.p.c.  debba  continuare  a
prendere data dalla  spedizione  della  raccomandata.  Non  si  vede,
infatti, che senso abbia continuare ancora a ritenere che l'art.  140
c.p.c. presupponga un'efficacia della notifica  per  il  destinatario
coincidente con tale  momento  pur  in  presenza  della  prescrizione
normativa dell'invio di una raccomandata con avviso  di  ricevimento,
avviso  che  sembrerebbe  tutt'al  contrario  esigere   la   consegna
effettiva dell'atto. Ma anche a voler ritenere  che  in  questo  caso
possa ipotizzarsi  un  meccanismo  di  formazione  progressiva  della
fattispecie notificatoria, anche in  senso  condizionale,  analogo  a
quello disegnato dalla suprema Corte per il  notificante  (nel  senso
che la notifica possa prendere data anche per il notificatario da  un
momento  anteriore  alla  consegna   materiale   dell'atto   o   alla
introduzione   del   medesimo   nella   sua   sfera   di    effettiva
conoscibilita'), non si vede per quale ragione  dovrebbe  antedatarsi
il momento dell'efficacia della notifica per il destinatario solo  ai
fini dell'art. 140 c.p.c., in palese danno di  quest'ultimo  rispetto
al destinatario di una notifica ex art. 8, legge n. 890/1982. 
    Inoltre, la suprema Corte, come  si  e'  visto  sopra,  ha  anche
ritenuto di escludere l'incostituzionalita' dell'art. 140 c.p.c.  sul
presupposto   della   sussistenza   di   differenze   di    struttura
procedimentale  rispetto  alla  fattispecie  notificatoria   di   cui
all'art. 8, legge n. 890/1982 e cio' perche' solo in caso di notifica
ex art. 140 c.p.c. verrebbe inviato al destinatario un avviso con cui
si da' notizia del tipo e contenuto dell'atto notificando (ex art. 48
disp. att. c.p.c.). Si e' gia' osservato che una tale  differenza  e'
stata   prospettata   in   relazione   all'eventuale   sospetto    di
costituzionalita' afferente al tempo di giacenza del plico e  non  ai
fini di decorrenza degli effetti della notifica per il  destinatario.
Ma deve ora aggiungersi che la stessa suprema Corte, a partire  dalla
pronuncia n. 458/2005, finisce per considerare irrilevante  anche  la
suddetta differenza strutturale. Essa, infatti, anche se ha  ritenuto
che per il notificante la notifica ex art. 140 c.p.c. prenda  effetto
dalla  data  di  consegna  dell'atto  all'ufficiale  giudiziario,  ha
considerato comunque necessario che il notificante, esibendo l'avviso
di ricevimento, ponga il Giudice nelle condizioni  di  verificare  se
l'atto sia stato effettivamente  consegnato  al  destinatario  o  sia
comunque convenientemente entrato nella sua sfera di  conoscibilita',
il che significa che  nessun  rilievo  ha  piu'  la  circostanza  che
spedendo l'avviso ex art. 140 c.p.c. l'ufficiale giudiziario metta il
notificatario  Potenzialmente  in  grado  di  conoscere   la   natura
dell'atto notificando (il che non  avverrebbe  spedendo  l'avviso  ex
art. 8, legge n. 890/1982),  poiche'  cio'  che  conta,  nella  nuova
ricostruzione interpretativa della suprema Corte,  e'  la  produzione
dell'avviso di ricevimento come strumento per  accertare  l'effettiva
conoscenza o conoscibilita' dell'atto. 
    Pertanto sembrerebbe non esservi piu' motivo  di  distinguere  le
due forme di notifica in esame sulla base  ad  una  differenza  -  la
possibilita' di immediata conoscenza dei dati salienti  dell'atto  da
notificare per la Presenza delle indicazioni prescritte dall'art.  48
disp. att. c.p.c. - che non rileva comunque ai fini della  decorrenza
di  efficacia  della  notifica  ex  art.  140  c.p.c.,  ne'  per   il
notificante, ne' per il notificatario. 
    Tuttavia occorre all'uopo rilevare ed evidenziare che,  nel  caso
specifico che ci occupa e  di  cui  al  presente  giudizio,  l'avviso
affisso alla porta ed immesso in busta chiusa successivamente spedita
al notificato a mezzo raccomandata il 15 febbraio 2006  -  da  questi
ricevuta  il  17  febbraio  2006  -  non  puo'  certamente  ritenersi
sufficiente  a  mettere  quest'ultimo  nelle  reali   condizioni   di
conoscenza e/o conoscibilita' dell'atto allo  stesso  notificato,  in
considerazione che nel caso specifico in detto avviso e'  stata  data
una notizia erronea (cfr. documentazione allegata in atti) in  quanto
relativa ad un atto proveniente dal «Tribunale di  Ragusa»  anziche',
come realmente invece correttamente era, dall'«Ufficio del Giudice di
pace di Comiso», oltre  che  senza  alcuna  altra  specificazione  in
merito alla natura dello  stesso,  pertanto  il  destinatario,  senza
l'effettivo  ritiro  dell'atto  medesimo  presso  la  casa   comunale
dell'atto notificato - avvenuto solo in data 20 febbraio 2006  -  non
poteva in alcun modo essere a conoscenza e/o essere nelle  condizioni
di conoscibilita' dell'atto stesso e  della  sua  natura,  oltre  che
della sua reale ed effettiva provenienza. 
    Peraltro, sempre nel  caso  di  specie,  risulta  documentalmente
riscontrabile in atti  che  nei  giorni  di  sabato  e  domenica  (18
febbraio 2006 - 19  febbraio  2006)  immediatamente  successivi  alla
ricezione  (17  febbraio  2006)  da  parte   del   notificato   della
raccomandata spedita dall'Uff. Giud. il 15 febbraio 2006  (ovvero  16
febbraio 2006 come risultante dall'attestazione  del  timbro  postale
riportato sulla busta in atti) e  contenente  l'avviso  dell'avvenuto
deposito - erroneo ed incompleto in tutta la  sua  compilazione  -  i
competenti  uffici  comunali  ove  detto  atto  notificato  e'  stato
depositato  sono  rimasti  chiusi  e,  pertanto,   detto   notificato
opponnete si e' trovato nella materiale  impossibilita'  di  ritirare
l'atto, ne' tantomeno  allo  stesso  puo'  essere  imputabile  alcuna
negligenza. 
    A tal proposito  occorre  inoltre  specificatamente  rilevare  ed
evidenziare, quantomeno, la carenza e/o incompletezza e/o  incertezza
dell'effettivo esito del procedimento notificatorio che consegue alla
detta costante ed univoca interpretazione dell'art. 140 c.p.c. e  che
in questa sede si porta all'esame  di  legittimita'  da  parte  della
Corte costituzionale, in considerazione che la stessa  giurisprudenza
di legittimita', come anche quella di merito, affermano altresi'  che
«... In tema di notificazione a persona irreperibile,  l'espletamento
della procedura di cui all'art. 140 c.p.c. comporta  una  presunzione
semplice di validita' ed efficacia dell'atto,  fondata  sulla  relata
dell'Ufficiale giudiziario, superabile con qualsiasi mezzo di  prova,
tanto con riferimento alla  circostanza  della  effettiva  ubicazione
della residenza del destinatario nel  luogo  di  notifica,  quanto  a
quella della effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario
(nell'affermare tale principio, la  S.C.  ha  ritenuto  efficacemente
superata  la  presunzione  di  conoscenza  de  qua  a  seguito  della
esibizione,  da  parte  del   destinatario   irreperibile,   di   una
certificazione  dell'amministrazione  postale   attestante   che   il
competente ufficio, non avendo mai ricevuto la  raccomandata  con  il
relativo avviso di ricevimento, non aveva  mai  provveduto  alla  sua
spedizione) (Cassazione civile, sez. I, 23 giugno 1998, n.  6233);  »
«... La procedura di notificazione a norma dell'art. 140 c.p.c.  deve
considerarsi perfezionata nel momento in cui l'ufficiale  giudiziario
abbia a completamento delle altre formalita', spedito la raccomandata
con  la   quale   egli   da'   notizia   degli   estremi   dell'atto,
indipendentemente dalla consegna della raccomandata al destinatario. 
    Tale affermazione deve essere intesa non nel senso  che  al  fine
della costituzione di un valido contraddittorio (che  rappresenta  lo
scopo  cui  e'  destinata  la  notificazione),  sia  irrilevante   la
ricezione da parte del destinatario della raccomandata, ma nel  senso
che la formalita' della  spedizione  configura  attivita'  idonea  in
ordine  alla  presunzione  di  conoscenza  dell'atto  da  parte   del
destinatario. In altri termini in  tale  procedura  e'  vero  che  il
compimento di tutte le  formalita'  previste  dall'art.  140  c.p.c.,
determina, in via presuntiva, la conoscenza dell'atto  da  parte  del
destinatario e quindi la validita' della notifica, ma e'  altrettanto
vero che tale presunzione puo' venire meno, con conseguente  giudizio
di invalidita' della notifica, quando si  raggiunge  la  prova  della
mancata conoscenza dell'atto da parte del destinatario. ... »  (Corte
appello Roma, sez. III, 1° marzo 2006, n. 1128). 
    E'  pertanto  conseguente  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale in via incidentale dell'art.  140  c.p.c.  letto  alla
luce dell'orientamento interpretativo della suprema Corte  nel  senso
fin qui rilevato, dovendo questo ritenersi non conforme ai gia' detti
parametri costituzionali di uguaglianza e di tutela  del  diritto  di
difesa. 
    Si tratta infatti di una norma che - in un quadro, come evidenzia
la suprema Corte, della notifica quale atto che crea una  presunzione
di  conoscibilita'  legale  -  divarica  nettamente  lo  scarto   tra
conoscibilita' legale e conoscenza effettiva, perche' dettata in modo
tale che il compimento delle formalita' da essa  previste,  qualunque
ne   sia   l'esito   sul   piano    appunto    della    effettivita',
perfezionerebbero la notifica. 
    Non si puo' all'uopo non rilevare, peraltro, che la suprema Corte
e' incorsa in una sintomatica incongruenza logica: la data certa,  in
effetti, risulta dalla relata dell'ufficiale giudiziario in relazione
all'effettuazione di tutte le previste formalita' e quello che invece
puo' dare come data certa la  formalita'  della  raccomandata  e'  il
momento in cui il destinatario della notifica ha preso conoscenza del
procedimento notificativo e non certamente dell'atto. 
    Da cio' e' del tutto evidente che i richiamati recenti interventi
del  giudice  di   legittimita'   non   tutelano   il   destinatario,
restringendosi  detta  tutela  alla  spedizione  della   raccomandata
informativa. 
    Occorre peraltro comprendere come possa, a questo punto, da  soia
la spedizione inserire l'atto nella sfera di conoscibilita',  se  non
fondandosi su una perfetta e drastica fictio juris. 
    Sul  piano  della  verita'  materiale  e,  parimenti,  su  quello
logico-razionale sussiste conoscibilita' nel momento in cui  un  atto
entra nella sfera del destinatario e cio' accade  successivamente  al
momento in cui viene spedito in tale direzione. Cio' trova riscontro,
sul piano sostanziale, proprio in una norma  giuridica  quale  l'art.
1335 cod. civ. la quale pone in essere la «presunzione di conoscenza»
(ovvero  la  conoscibilita'  giuridica)  degli  atti  recettizi  «nel
momento in cui giungono all'indirizzo del  destinatario»  e  non  nel
momento in cui sono spediti a tale indirizzo. 
    Questa realta' logica e' alla radice della previsione,  nell'art.
140 c.p.c., della raccomandata «con avviso di ricevimento» ed e' alla
radice, altresi', delle considerazioni del  ruolo  da  attribuirsi  a
tale avviso nelle sopra citate ordinanze delle Sezioni unite. 
    Qualunque sia, allora, il ruolo che si  riconosce  all'avviso  di
ricevimento,  cio'  incide  esclusivamente  nell'ipotesi  di  mancata
costituzione del destinatario, senza pero' fornire alcuna  tutela  al
destinatario che si costituisce: in altre parole, se il  destinatario
si costituisce, per legge egli ha  avuto  conoscenza  non  quando  la
raccomandata informativa e' giunta al suo indirizzo, bensi' quando vi
e' stata spedita.  Cio'  comporta,  in  effetti,  una  riduzione  dei
termini a difesa (siano quelli per proporre  una  opposizione,  siano
quelli di comparizione per una costituzione tempestiva)  rispetto  ai
soggetti che ricevono la notifica  a  mani  proprie  oppure  a  mezzo
posta. 
    Nel complessivo sistema notificatorio  civile,  a  ben  guardare,
nessuna altra ipotesi di notificazione configge  cosi'  evidentemente
con il principio della ricezione  che,  essendo  ictu  oculi  l'ovvio
strumento di instaurazione del contraddittorio,  e'  tradizionalmente
riconosciuto come fondante nel sistema suddetto. E' vero che,  sempre
tradizionalmente,  tale  principio  e'   stato   identificato   nella
conoscibilita' legale, anziche' nella cognizione effettiva  (cfr.  in
tal senso gia' S.U.  1948  n.  1782);  non  si  puo'  non  osservare,
tuttavia, che appunto nelle ulteriori norme del sistema notificatorio
(a parte la fattispecie sui generis ex art. 150  c.p.c.)  non  vi  e'
altra norma che non identifichi  il  perfezionamento  della  notifica
nella ricezione dell'atto, tranne l'art. 143 c.p.c., che  peraltro  a
sua volta non identifica  il  perfezionamento  nel  compimento  delle
formalita',  ma  concede  uno  spatium  successivo   a   tutela   del
destinatario. 
    Questo introduce  all'analisi  della  fictio  juris  che  integra
evidentemente l'art. 140: e' vero che  il  legislatore  ordinario  ha
discrezionalita' ed, in particolare, l'ha di istituire  diversi  tipi
di notificazione, ma e' altrettanto vero che la  fictio  juris  trova
confine  nel  rispetto  dei  diritti  costituzionali.  La  formalita'
giuridica, infatti,  non  puo'  essere  autoreferente  rispetto  alla
sostanza  valoriale  della  Costituzione,  dovendola   al   contrario
tutelare in un'ottica di equilibrio complessivo della fattispecie. 
Violazione del novellato testo dell'art. 111 della Costituzione. 
    Nel caso  in  questione,  la  legittimita'  costituzionale  della
fictio   juris   rappresentata   dall'ingresso   nella    sfera    di
conoscibilita' legale tramite la mera spedizione della raccomandata e
non il pervenimento di questa  all'indirizzo,  non  puo'  non  essere
vagliata non piu' soltanto in riferimento al generale principio della
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., nonche' all'art. 24 Cost., ma
deve anche confrontarsi con il novellato testo dell'art.111 Cost.  il
quale ai primi due  commi,  partendo  significativamente  dall'ottica
della «giustizia» del processo, costituzionalizza il  «principio  del
contraddittorio» come elemento costitutivo di «ogni processo». 
    La tutela del contraddittorio, quindi, assume un valore  primario
e  calibrante   gli   eventuali   conflitti   con   altri   interessi
costituzionalmente rilevanti. A fortiori dunque una fictio juris  che
incide  sulla  instaurazione  del  contraddittorio   nel   senso   di
identificare il momento in cui  questo  si  realizza  (con  le  ovvie
ricadute sulle facolta' difensive ad esso conseguenti) dovra'  essere
ancorata a specifici motivi di ragionevolezza e comunque non incidere
effettivamente sulla sostanza dialettica del processo. 
    Nel caso in esame, a differenza di quando la Corte costituzionale
in precedenza intervenne ex professo sull'art. 140, la ragionevolezza
della fictio non puo' piu' supportarsi sulla tutela  del  diritto  di
azione del notificante il quale, mentre all'epoca non godeva di alcun
effetto anticipatorio per  cui  poteva  essere  pregiudicato  da  una
artefatta irreperibilita' del destinatario, ora non  patirebbe  alcun
significativo detrimento se la notifica si perfezionasse  decorso  il
breve termine di dieci giorni dalla spedizione  o  al  momento  della
ricezione  della  raccomandata  informativa  o  ricezione   effettiva
dell'atto (se anteriori). 
    Ne' d'altronde appare  oramai  incensurabile  sul  profilo  della
ragionevolezza  l'asserto,  di   cui   si   avvalse   la   precedente
giurisprudenza,  che  il  soggetto  destinatario  che  si   allontana
temporaneamente dal luogo in cui potrebbe essergli fatta  notifica  a
mani proprie debba predisporre  sempre  e  subito  per  una  presenza
sostitutiva, dato che, affinche' scatti la fattispecie ex  art.  140,
e' sufficiente  un'assenza  anche  del  tutto  momentanea;  l'asserto
suddetto, inoltre,  potrebbe  accordarsi  a  un  concetto  di  minima
diligenza per quanto concerne le persone giuridiche, ma  non  per  le
persone fisiche, considerata anche la notoria evoluzione sociale  che
vede  incrementarsi  il  numero  di  famiglie  composte  da  un  solo
individuo. 
    D'altronde, non sarebbe rispettoso del valore costituzionalizzato
del contraddittorio porre come presupposto per avvalersene  in  pieno
oneri gravosi, senza che cio' sia giustificato dalla tutela di  altri
soggetti. Una simile scelta, invero, andrebbe a confliggere con  quel
principio  della  effettivita'  del  contraddittorio  che  e'   stato
riconosciuto come racchiuso, appunto, nei novellato art. 111/2  Cost.
proprio dalla suprema Corte (da  ultimo,  cfr.  la  citata  ordinanza
SS.UU. n. 627 del 2008). 
    Non privo di significato e' poi il fatto che la stessa  pronuncia
abbia perseguito ermeneuticamente una disciplina parallela per le due
ipotesi di raccomandata con avviso di ricevimento che si  riscontrano
nel sistema delle notifiche, cogliendo  l'oggettiva  connessione  che
collega, per tale adempimento, gli articoli 149 e 140 c.p.c. 
    In conclusione, identificare, qualora il processo sia avviato con
notifica ex art. 140 c.p.c., l'instaurazione del contraddittorio  con
il momento perfezionativo della notifica dal punto di vista solo  del
notificante, senza tenere conto del momento in cui l'atto informativo
entra (che e' cosa  diversa  dall'esservi  spedito)  nella  sfera  di
conoscibilita' (si noti, non si censura il  meccanismo  consolidativo
della  compiuta  giacenza)  del  notificato,  significa  da  un  lato
configurare il contraddittorio come mero  simulacro  e  non  in  modo
effettivo - il che contrasta con l'art.  111,  secondo  comma,  Cost.
nella parte in cui impone l'effettivita' del contraddittorio in  ogni
processo -, dall'altro far prevalere la posizione del notificante  su
quella  del  notificato  senza  che  cio'  sia  supportato   da   una
ragionevole esigenza di tutela del notificante - il che contrasta sia
con il principio della  parita'  delle  parti  sempre  dettato  dalla
stessa norma costituzionale, sia con l'ancor piu' generale  principio
della «giustizia» del  processo,  rinvenibile  nell'art.  111,  primo
comma, Cost. 
    In conclusione, dovendosi ritenere rilevante e non manifestamente
infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art.  140
c.p.c., in relazione agli articoli 111, primo comma e secondo  comma,
Cost., art. 3 Cost. ed a 24 Cost., nella parte in cui non prevede che
II  contraddittorio  si  all'atto   della   effettiva   consegna   al
destinatario o a chi per esso  dell'atto  notificato  o,  qualora  la
consegna non sia  ancora  avvenuta,  al  verificarsi  della  compiuta
giacenza della  raccomandata  contenente  l'avviso  del  procedimento
notificatorio, gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale e  il
presente giudizio va sospeso ai sensi di legge.