L'UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza nei procedimenti civili riuniti iscritti ai n. 119/C/2006 e 120/C/2006 R.G. Affari Contenz. aventi ad oggetto opposizione a decreti ingiuntivi per pagamento compensi professionali, promossi da Gianna Nunzio, nato a Genova il 1° agosto 1939, residente in Comiso nella via dei Platani n. 14, elettivamente domiciliato in Ragusa presso lo studio degli avv.ti Valentino Coria e Valentina Cappuzzello che lo rappresentano e difendono anche disgiuntamente per procura in calce alle copie notificate dei decreti ingiuntivi opposti, attore opponente; Contro Schembari Rosario, Avvocato, nato a Comiso il 10 gennaio 1957, elettivamente domiciliato in Comiso nella via Gioacchino Iacono n. 13, presso lo studio dell'avv. Salvatore Iannello che lo rappresenta e difende per procura a margine delle memorie di costituzione e risposta depositate all'udienza del 13 giugno 2006, convenuto opposto. Rilevato in fatto Con separati ed autonomi atti di citazione ritualmente notificati il 30 marzo 2006 Gianna Nunzio ha proposto opposizione avverso due decreti ingiuntivi rispettivamente n. 12/06, R.G. n. 119/C/2006 e n. 13/06, R.G. n. 120/C/2006 emessi nei suoi confronti dal Giudice di pace di Comiso il 4 febbraio 2006, entrambi allo stesso notificati il 15 febbraio 2006 ai sensi dell'art. 140 c.p.c., con i quali e' stato ingiunto all'opponente di pagare in favore dell'avv. Rosario Schembari rispettivamente la somma di €.1.341,23 ed €.1.6136,63, oltre interessi e spese del procedimento monitorio, chiedendo che gli opposti decreti ingiuntivi venissero revocati e/o comunque con ogni formula annullati e dichiarati inefficaci ed in via subordinata che fosse rideterminato l'importo eventualmente ancora dovuto. A fondamento delle proposte opposizioni Gianna Nunzio, premettendo di avere gia' integralmente corrisposto all'avv. Rosario Schembari le somme tutte allo stesso dovute per l'attivita' professionale svolta in suo favore, ha motivato ed eccepito che nessuna ulteriore somma e' ancora allo stesso dovuta quali compensi professionali per detta attivita'. Con comparse di costituzione e risposta depositate all'udienza di prima comparizione del 13 giugno 2006 avanti il Giudice di pace di Comiso adito si e' regolarmente costituito in entrambi gli incoati giudizi il professionista opposto avv. Rosario Schembari il quale, contestando i motivi tutti addotti dall'opponente con gli atti introduttivi, ha preliminarmente eccepito la tardivita' delle proposte opposizioni essendo state le stesse notificate oltre il quarantesimo giorno dalla avvenuta notifica dell'opposto rilevando, in conseguenza e secondo consolidata e costante interpretazione di legittimita', l'avvenuto passaggio in giudicato degli stessi e chiedendo la dichiarazione di improponibilita' e/o improcedibilita' e/o inammissibilita' delle dette opposizioni e, nel merito, in subordine rigettarsi le domande ed eccezioni tutte formulate nei suoi confronti, nonche' confermare i decreti ingiuntivi opposti, con vittoria di spese e compensi di giudizio. Il convenuto opposto, in particolare, ha eccepito la tardivita' ed improcedibilita' dell'opposizione evidenziando e motivando al riguardo che la notifica dei decreti ingiuntivi opposti si era perfezionata - richiamando all'uopo la citata consolidata giurisprudenza di legittimita' - ai sensi dell'art. 140 c.p.c. in data 15 febbraio 2006, mentre gli atti di opposizione introduttivi dei presenti giudizi sono stati notificati solo il 30 marzo 2006 e, pertanto, oltre il prescritto termine decadenziale di quaranta giorni. Siffatta eccezione, tuttavia, e' stata contestata e motivata da parte opponente la quale ha rilevato ed evidenziato che gli atti opposti - notificati ai sensi dell'art. 140 c.p.c. in data 15 febbraio 2006 con relativa affissione e spedizione a mezzo raccomandata dell'avviso di deposito alla Casa comunale, quest'ultima ricevuta il successivo 17 febbraio 2006 - sono stati effettivamente conosciuti e ritirati solo il 20 febbraio 2006, data in cui e' stato possibile il loro ritiro presso i competenti uffici comunali e prima data all'uopo utile stante che il 17 febbraio 2006 (data del ritiro della raccomandata contenente l'avviso di deposito alla Casa comunale) e' stato di venerdi', il 18 e 19 febbraio 2006 sono stati rispettivamente di sabato e domenica e, pertanto, tali uffici erano chiusi, mentre solo il lunedi' 20 febbraio 2006 - data in cui e' stato effettivamente effettuato il relativo ritiro - e' stato il primo giorno utile in cui l'opponente e' stato nelle condizioni materiali di effettuare il dello ritiro ed in conseguenza venire a conoscenza del contenuto dei detti atti. Parte opponente, in particolare, richiamandosi ai principi costituzionali dettati in generale in materia di diritto di difesa e di effettivita' del contraddittorio, ha invocato nel caso specifico l'applicazione di quella diversa e minoritaria interpretazione dottrinale e giurisprudenziale la quale contrasta la interpretazione ormai invece consolidata in sede di legittimita' secondo la quale la notifica effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c. prenderebbe data, (anche) per il destinatario della stessa, dal momento in cui l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell'abitazione, spedisce ai notificatari la raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell'avvenuto deposito. Secondo siffatto indirizzo minoritario, ripreso dall'opponente, la diversa consolidata e maggioritaria interpretazione di legittimita' non reggerebbe sotto due profili: 1) perche' ritenere che la notifica ex art. 140 c.p.c. prenderebbe data per entrambe le parti - il notificante e il destinatario - da un unico momento, coincidente con l'ultimo momento dell'iter notificatorio (spedizione della raccomandata), comporta la disapplicazione del principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, poi confermata anche dalla successiva Ordinanza n. 117 del 12 marzo 2004 oltre che dalle piu' recenti pronunce, essendosi precisato con le stesse che nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulla notificazione degli atti, risulta ormai presente il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; 2) perche' non viene preso in considerazione che, alla luce del suddetto principio, la data della notifica effettuata ex art. 140 c.p.c. non puo' che essere, per il destinatario della stessa, successiva al momento di spedizione della raccomandata ed in tal caso coincidere o con la data in cui egli ritira il piego raccomandatoe/o ritira effettivamente l'atto notificato o con una data convenzionale pari a quella prevista nella contigua materia delle notifiche a mezzo posta (dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata) e cio' per la necessita' di conformare il procedimento ex art. 140 c.p.c. a quello - strutturalmente analogo - previsto in materia di notifiche di atti giudiziari a mezzo posta dall'art. 8 della legge n. 890 del 20 novembre 1982, come modificato dal decreto-legge n. 35/2005. Con riferimento specifico a questo secondo profilo, l'opponente evidenzia in particolare che, ai sensi del citato art. 8, quando l'agente postale non puo' recapitare il piego postale per motivi analoghi a quelli che determinano - quando la notifica sia fatta dall'ufficiale giudiziario - l'applicazione dell'art. 140 c.p.c., deve anche lui inviare un avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento ed in tal caso - secondo quanto prevede il quarto comma della predetta norma - la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Questa procedura, secondo la tesi dell'opponente sarebbe strutturalmente simile a quella prevista dall'art. 140 c.p.c., con l'unica differenza che, nell'un caso, l'ufficiale giudiziario provvede al deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale, mentre nell'altro l'agente postale provvede al deposito del piego presso l'ufficio postale. Cio' nondimeno l'art. 8 introdurrebbe una regola diversificata, laddove attribuisce al destinatario dieci giorni di tempo utile dalla spedizione della raccomandata per ritirare l'atto presso l'ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio; mentre invece l'art. 140 c.p.c., nell'interpretazione della suprema Corte, farebbe coincidere la data della notifica - per il destinatario - con la stessa data di spedizione della raccomandata. Afferma quindi l'opponente che, se non si interpretasse anche l'art. 140 c.p.c. come norma necessariamente contenente una previsione analoga a quella del citato art. 8, nel senso di ritenere perfezionata la notifica per il destinatario, anche in caso di notifica ex art. 140 c.p.c., dopo dieci giorni dalla spedizione della raccomandata (o dal momento del ritiro dell'atto, se anteriore) anziche' gia' al momento della spedizione stessa, il fatto che il destinatario di una notifica ex art. 140 non possa beneficiare di tale lasso di tempo di dieci giorni manifesterebbe una ingiustificata disparita' di trattamento perche' casi identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso, oltre che rappresenterebbe una ingiustificata compressione dei termini a difesa e violazione del principio dell'effettivita' del contraddittorio ed anche in questo con conseguente inevitabile ed ingiustificata disparita' di trattamento. Alla prima udienza di comparizione, in entrambi i promossi giudizi, il Giudice di pace di Comiso adito dott. Antonino Fotia ha tuttavia rilevato ed evidenziato una propria causa di incompatibilita' alla trattazione degli stessi ed in conseguenza avanzato apposita istanza di astensione al Presidente del Tribunale di Ragusa, da quest'ultimo autorizzata con successivo decreto emesso il 21 giugno 2006 e contestuale designazione di' questo decidente dell'ufficio del Giudice di pace di Vittoria cui pertanto, in data 19 agosto 2006, sono stati trasmessi i relativi fascicoli per il prosieguo. Nel corso del giudizio, con ordinanza allegata in atti ed emessa da questo decidente il 5/14 dicembre 2006, scaduti i termini concessi alle parti per note difensive dalle stesse depositate in atti, e' stata disposta la riunione dei due giudizi di opposizione e rinviata all'esito finale ogni decisione in merito all'eccezione preliminare formulata da parte opposta di tardivita' delle proposte opposizioni, nonche' sono state successivamente assunte le prove testimoniali richieste ed ammesse ed all'udienza del 25 giugno 2009 la causa e' stata posta in decisione previa discussione orale e precisazione delle rispettive conclusioni da parte dei difensori delle parti i quali hanno concluso: per parte opponente «... l'avv. Valentino Coria anche in sostituzione dell'avv. Valentina Cappuzzello, ... insiste in tutto quanto dedotto e in particolare nella circostanza che le avverse tesi in ordine alla notificazione comporterebbero una intollerabile compressione dei termini a difesa, che verrebbero gravemente ridotti per la parte notificata. Precisa come da Piaccia. ...; ... Piaccia al Giudice di pace adito, respinta ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, ed in accoglimento della spiegata opposizione e di ogni eccezione e difesa svolta, e/o per qualunque altra motivazione, ritenere e dichiarare che la somma ingiunta in favore dell'avv. Rosario Schembari non e' dovuta e, pertanto, revocare e/o dire nullo e/o inefficace il decreto ingiuntivo opposto; in subordine, dichiarare non dovuta l'importo pari alla differenza fra l'ammontare della parcella posta a fondamento del decreto ingiuntivo oggi opposto di € 1.299,23 - e le maggiori somme versate totale titolo dal Prof. Gianna per un importo di € 1.400,00-, con conseguente condanna alla restituzione e/o alla compensazione di tale differenza con ogni eventuale ulteriore somma che dovesse risultare dovuta dal prof. Gianna in favore dell'avv. Schembari.» per parte opposta «... l'avv. Salvatore Iannello insiste in tutte le proprie domande ed eccezioni; ... cosi' precisa le proprie conclusioni: Piaccia all'Ill.mo G. d. P. adito, reiectis adversis, ritenere, dire e dichiarare le opposizioni ex adversdo avanzate improponibili e/o inammissibili e/o improcedibili, per tardivita' delle stesse e conseguente intervenuto giudicato sceso sui monitori in causa, e per l'effetto confermare integralmente i decreti ingiuntivi n. 12/2006 3 n. 13/2006 emesso dal G.d.P. di Comiso, in via subordinata e nel merito, ritenere, dire e dichiarare che l'avv. Schembari ha diritto al pagamento delle somme portate dai due decreti ingiuntivi n. 12/2006 e n. 13/2006 emessi dal G.d.P. di' Comiso, a titolo di competenze, onorari, spese, CPA e IVA per le prestazioni professionali svolte in favore dell'opponente e per l'effetto rigettare le avverse opposizioni e confermare integralmente i decreti ingiuntivi n. 12/2006 e n. 13/2006 emessi dal G. d. P. di Comiso; in via ulteriormente gradata, nel caso di accoglimento parziale delle incoate opposizioni, ritenere, dire e dichiarare il diritto dell'avv. Schembari al pagamento della minore somma che risultera' dovuta nella misura determinata dall'Ill.mo Decidente e condannare l'opponente al relativo pagamento. In ogni caso con condanna alla corresponsione degli interessi di legge e della rivalutazione monetaria sulle somme dovute, dal di' del dovuto al soddisfo. ...». Rilevato in diritto Questo decidente in effetti dubita e, pertanto, decide di sollevare la relativa questione di legittimita' costituzionale della conformita' dell'art. 140 c.p.c. ai principi dettati dalla Costituzione nella parte in cui detta norma procedurale - cosi' come interpretata dalla ormai univoca e costante giurisprudenza della suprema Corte di cassazione - fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento in cui l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell'abitazione, completa l'iter notificatorio inviando al destinatario una raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell'avvenuto deposito. Il dubbio investe la suddetta norma anzitutto - e principalmente - in rapporto al principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al tertium comparationis costituito dalla fattispecie notificatoria prevista dall'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, come modificato dal decreto-legge n. 35/2005, laddove quest'ultima norma prevede, al quarto comma, in relazione al caso in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutino di riceverlo, ovvero l'agente postale non possa recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate, che il piego venga depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza e che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza l'agente postale dia notizia al destinatario inviando un avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, puntualizzandosi che, in tale ipotesi, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore. In secondo luogo il dubbio puo' porsi anche in relazione all'art. 24 Cost. per la conseguente violazione del diritto di difesa che dalla detta diversa disciplina puo' conseguire in via differenziale a danno del destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c.. Ed invero, in materia di notifiche la spedizione della raccomandata rappresenta il suo perfezionamento, inserendo l'atto nella sfera di conoscibilita' del destinatario. Le ulteriori formalita' non tutelano il destinatario il quale, se si costituisce, per legge egli ha avuto conoscenza non quando la raccomandata informativa e' giunta al suo indirizzo, bensi' quando vi e' stata spedita. Cio' comporta, in effetti, una riduzione dei termini a difesa rispetto ai soggetti che ricevono la notifica a mani proprie oppure a mezzo posta. Identificare, qualora il processo sia avviato con notifica ex art. 140 c.p.c., l'instaurazione del contraddittorio con il momento perfezionativo della notifica dal punto di vista solo del notificante, senza tenere conto del momento in cui l'atto informativo entra (che e' cosa diversa dall'esservi spedito) nella sfera di conoscibilita' del notificato, significa configurare il contraddittorio non in modo effettivo e cio' contrasta sia con il principio della parita' delle parti dettato dalla costituzione, sia con l'ancor piu' generale principio della «giustizia» del processo, rinvenibile nell'art. 111, primo comma, Cost.. Inoltre, l'insussistenza di motivi di ragionevolezza alla base della fictio iuris che identifica l'instaurazione del contraddittorio ex art. 140 c.p.c., contrasta con l'art. 3, primo comma, cost., nella sua accezione di tutela della ragionevolezza come confine della discrezionalita' del legislatore ordinario. Infine, la «retrocessione» del contraddittorio che l'art. 140 c.p.c. impone tramite fictio iuris, lede l'art. 24 Cost., nella parte in cui, al secondo comma, tutela il diritto di difesa come inviolabile in ogni stato del processo e quindi anche al momento dell'instaurazione del contraddittorio: i termini di difesa che il legislatore concede a seguito della in jus vocatio sono infatti ridotti per chi subisce la notifica ex art. 140 c.p.c. in misura superiore a quella necessaria per rendere attuabile in tempi ragionevoli il perfezionamento della notifica (ovvero tutelare ii diritto di difesa della controparte). Sotto i suddetti profili, pertanto, deve ritenersi, oltre che rilevante, non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 140 c.p.c. ed, in conseguenza, la stessa va posta all'attenzione della Corte costituzionale. Sulla rilevanza della questione Nel caso che ci occupa il collegamento giuridico tra la res giudicanda e la norma ritenuta incostituzionale appare del tutto evidente. Principalmente assume manifesta rilevanza, ai fini della decisione, la questione di carattere assolutamente preliminare relativa alla applicabilita' della norma de quo la quale costituisce il referente normativa di riferimento ed alla quale, pertanto, questo decidente deve richiamarsi ai fini della decisione dell'eccezione preliminare - peraltro anche pregiudiziale ai fini della trattazione della causa nel merito - formulata da parte opposta e relativa alla tardivita' o meno delle proposte opposizioni. Inoltre siffatta questione e' rilevante ai fini del decidere in questo giudizio poiche' in esso si discute proprio di quale sia la data di notifica dei decreti ingiuntivi opposti - effettuata in entrambi i casi ex art. 140 c.p.c. - da considerare efficace per il destinatario, attuale opponente: laddove, seguendosi la tesi maggioritaria di legittimita' secondo cui tale data coinciderebbe con il giorno in cui l'ufficiale giudiziario spedisce al destinatario la raccomandata (nel caso specifico il 15 febbraio 2006), la opposizione nella specie dovrebbe considerarsi tardiva e quindi improcedibile perche' proposta oltre il termine decadenziale di quaranta giorni di cui all'art. 641, primo comma, c.p.c. (l'atto di opposizione essendo stato notificato a mani in data 30 marzo 2006); mentre, reputandosi che la data coincida con il giorno di effettivo ritiro dell'atto e/o del piego raccomandato contenente lo stesso (20 febbraio 2006) o con il decorso dei dieci giorni successivi alla spedizione (25 febbraio 2006), l'opposizione monitoria dovrebbe considerarsi tempestiva e quindi procedibile. Da ultimo, in ogni caso, questo decidente ritiene di bene evidenziare che la questione di legittimita' costituzionale di una norma puo' essere rilevata anche d'ufficio non solo per risolvere il merito della controversia, ma pure per risolvere dubbi su questioni pregiudiziali considerato che il giudice e' chiamato - sia pur in modo indiretto o implicito - a far applicazione delle norme nelle quali trovano legittimazione ratto impugnato ed il relativo procedimento instauratosi con la proposta impugnazione dello stesso. Per i superiori motivi, pertanto, questo decidente intende sottoporre alla Corte costituzionale - come in effetti con il presente atto sottopone - il quesito relativo alla legittimita' costituzionale - sotto vari profili - dell'art. 140 c.p.c. nella parte in cui, cosi' come interpretato dalla ormai univoca e costante giurisprudenza di legittimita', fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento in cui l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell'abitazione, completa l'iter notificatorio inviando al destinatario una raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell'avvenuto deposito, anziche' ritenere perfezionata la notifica per il destinatario, anche in caso di notifica ex art. 140 c.p.c., dopo dieci giorni dalla spedizione della raccomandata (o dal momento del ritiro dell'atto, se anteriore) e/o dal momento in cui il destinatario ritira effettivamente l'atto depositato presso la Casa comunale (anch'esso se anteriore) avendone in tal modo piena conoscenza e/o conoscibilita' e cio', da un lato, per la necessita' di conformare il procedimento ex art. 140 c.p.c. a quello - strutturalmente analogo - previsto in materia di notifiche di atti giudiziari a mezzo posta dall'art. 8 della legge n. 890 del 20 novembre 1982, come modificato dal decreto-legge n. 35/2005, in tal modo uniformando i due richiamati procedimenti notificatori ed evitando una ingiustificata disparita' di trattamento, oltre che evitando una ingiustificata difformita' dovuta alla diversa compressione dei termini a difesa e la violazione del principio dell'effettivita' del contraddittorio e, dall'altro, facendo in tal modo corretta applicazione del principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, poi confermata anche dalla successiva Ordinanza n. 117 del 12 marzo 2004 oltre che dalle piu' recenti pronunce, essendosi precisato con le stesse che nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulla notificazione degli atti, risulta ormai presente il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario, principo questo peraltro recepito dal legislatore del 2005 anche se solo per la norma relativa alla notificazione a mezzo posta (art. 149, co. 3, c.p.c.). Sulla non manifesta infondatezza Violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione. In merito al requisito della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma de quo in relazione alla richiamata disparita' di trattamento lesiva dell'art. 3 Cost., oltre che in relazione alla compressione del diritto di difesa lesiva dell'art. 24 Cost., questo decidente ritiene lo stesso sussistente. Ed invero, l'art. 140 c.p.c. e l'art. 8, legge 20 novembre 1982 n. 890 prevedono modalita' notificatorie alquanto simili in presenza di analoghi e presupposti di fatto. In entrambi i casi, sia pure descritti nei due articoli in modo letteralmente non identico, la notifica non puo' effettuarsi direttamente al destinatario, perche' questi non e' reperibile in loco o perche' le persone abilitate a ricevere il piego in luogo di lui rifiutano di riceverlo, ovvero perche' vi e' temporanea assenza del destinatario o la mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate. Ecco allora che, in un caso, quello di cui all'art. 140 c.p.c., l'ufficiale giudiziario deposita la copia dell'atto da notificare nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene da' notizia per raccomandata con avviso di ricevimento; analogamente, nel caso di notifica ex art. 8, legge n. 890/1982, l'agente postale deposita il piego presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza e del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza da' notizia al destinatario mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. L'unica vera differenza strutturale tra le due fattispecie notificatorie, in sostanza, consiste nel fatto che, nel primo caso, l'ufficiale giudiziario provvede al deposito della copia presso la casa comunale, mentre nell'altro l'agente postale provvede al deposito del piego presso l'ufficio postale (ove nel primo caso e' invece depositato solo l'avviso, in caso di assenza del destinatario al momento in cui avviene il tentativo di consegna della raccomandata). Si tratta allora di verificare se questa differenza possa ex se giustificare l'operare della successiva regola differenziatrice secondo cui solo nella notifica postale il destinatario ha dieci giorni di tempo dalla spedizione della raccomandata per ritirare l'atto presso l'ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio, laddove invece l'art. 140 c.p.c. -secondo la tradizionale interpretazione di legittimita' - farebbe coincidere la data della notifica con la stessa data di spedizione della raccomandata. Al fine di una tale verifica, tuttavia, e' necessario un breve riesame dello sviluppo che, nell'ultimo decennio, ha contrassegnato l'interpretazione giurisprudenziale e la modificazione legislativa delle norme in oggetto. Giova allora anzitutto rammentare che un primo importante intervento si ebbe con la pronuncia della Corte cost. n. 346 del 1998 in cui la Consulta pose in rilievo l'esistenza di una ingiustificata disciplina discriminatoria a danno del destinatario di notifiche a mezzo posta rispetto ai destinatari di notifiche effettuate ai sensi dell'art. 140 c.p.c. La Corte dichiaro' - tra l'altro - costituzionalmente illegittimo, per violazione degli articoli 3 e 24 Cost., l'art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalita' descritte e del deposito del piego fosse data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento. Il Giudice delle leggi pose a fondamento della sua decisione in primo luogo la constatazione secondo cui, «... nel sistema delineato dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, l'ufficiale giudiziario puo' utilizzare il servizio postale per la notificazione di tutti gli atti in materia civile, amministrativa e penale, salvo che l'autorita' giudiziaria disponga, o la parte richieda, che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, primo comma). In materia civile e amministrativa, inoltre, egli deve sempre avvalersi del servizio postale per le notificazioni da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l'ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, secondo comma). Salva la richiesta del notificante di eseguire la notificazione personalmente, l'ufficiale giudiziario ha dunque la facolta' - e talvolta l'obbligo - di utilizzare il servizio postale ...». Cio' premesso, rilevo' quindi che la diversita' di disciplina tra le notificazioni a mezzo posta e quelle eseguite personalmente dall'ufficiale giudiziario non potesse ne' dovesse comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delle prime. Osservo' in particolare che, mentre l'art. 140 cod. proc. civ. imponeva ed impone all'ufficiale giudiziario di dare comunicazione al destinatario, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, del compimento delle formalita' indicate, allo scopo di garantire che il notificatario abbia un'effettiva possibilita' di conoscenza dell'avvenuto deposito dell'atto; una disposizione siffatta mancava invece nella disciplina censurata (ossia quella posta dal citato art. 8) che, pertanto, risultava al tempo stesso priva di ragionevolezza e lesiva della possibilita' di conoscenza dell'atto da parte del notificatario e, quindi, del diritto di difesa costituzionalmente garantito, perche': «... se rientra nella discrezionalita' del legislatore la conformazione degli istituti processuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabile di tale discrezionalita' e' rappresentato dal diritto di difesa del notificatario ...». La Corte non manco' neppure di segnalare che:» ... le insufficienti garanzie di conoscibilita' che presenta per il notificatario la notificazione a mezzo del servizio postale derivano, in ultima analisi, dalla scelta del modo di notificazione effettuata da soggetti, l'ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilita' dell'atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, puo' richiedere all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora cio' non faccia, l'ufficiale giudiziario puo', a sua discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione ... ». Per effetto della suddetta sentenza della Consulta, l'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 e' stato dunque applicato, fino al 2005, come se prevedesse l'obbligo di invio della raccomandata da parte dell'agente postale. Il legislatore, come s'e' detto, e' poi intervenuto nel 2005 - dando anche specifica attuazione normativa alla pronuncia della Consulta -, cosi' modificando il citato art. 8, legge n. 890/1982 con l'art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80 («Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale»). A seguito di tale modifica la norma prevede ora che (comma 2) «... se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente postale non puo' recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate, il piego e' depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza e' data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda ... ». Si aggiunge poi (al comma 4°) che «... la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore ... ». Con siffatte disposizioni, come e' agevole constatare, il legislatore non si e' limitato a introdurre in modo espresso l'obbligo di spedizione della raccomandata, ma ha anche posto una regola di maggior tutela per il destinatario della notifica attraverso la fissazione di un termine (massimo) di dieci giorni per il ritiro del piego, termine utile a far decorrere gli effetti della notifica per il destinatario stesso al fine dello svolgimento di ogni ulteriore e successiva attivita' processuale di suo interesse. Pertanto, quanto alle notifiche di atti giudiziari a mezzo posta nei casi di assenza o rifiuto di cui all'art. 8, secondo comma, legge n. 890/1982, il sistema - ormai basato sul generale principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio (come cerziorato anche da Corte cost. 23 gennaio 2004, n. 28) - si completa in questo senso: per il notificante, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 477/2002, la notifica si perfeziona comunque al momento della consegna dell'atto da notificare; per il notificatario, si perfeziona decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Ne risulta, pero', un capovolgimento vero e proprio rispetto al sistema precedente in cui era l'art. 8 ad apprestare una disciplina meno garantista per il notificatario rispetto a quella apprestata - in presenza di analoghi presupposti di fatto - dall'art. 140 c.p.c.. Ora, infatti, il destinatario di una notifica di un atto giudiziario a mezzo posta fruisce di un termine comunque maggiore (fino ad un massimo di dieci giorni) rispetto a quello di cui puo' fruire il destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c. Ed invero, per la tradizionale, costante, consolidata interpretazione di legittimita' dell'art. 140 c.p.c., la notifica si perfeziona in questo caso, per il notificatario, gia' ai momento di spedizione della raccomandata. Siffatto principio appare oggi ormai costante e consolidato, oltre che riconosciuto tale finanche dalla stessa Corte cost. (con la sentenza 12 marzo 2004, n. 97). Infatti la suprema Corte di cassazione, anche in occasione delle sue piu' recenti pronunce sul tema (anche successive a Cass. SU n. 458 dei 13 gennaio 2005; cfr. ad es. Cass. sez. 3 n. 3685 del 21 febbraio 2006; ma, indirettamente, anche Cass. n. 23576 del 3 novembre 2006; Cass. n. 6218 del 16 marzo 2007; Cass. S.U. n. 627 del 14 gennaio 2008) e con le quali ha riaffermato, giustappunto a proposito della notifica ex art. 140 c.p.c., il principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio, ha precisato che la notificazione ex art. 140 c.p.c. deve ormai reputarsi eseguita, per il notificante, con la consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario, ma, per il destinatario, come si e' sempre reputato anche in passato, con il compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento). In tale contesto, l'unica precisazione aggiuntiva fatta dalla suprema Corte a tutela del destinatario riguarda pur sempre gli effetti della notifica per il notificante. Essa, infatti, ha ritenuto di dover fare salva in ogni caso la necessita' che l'avviso di ricevimento sia allegato all'atto notificato, poiche' la sua mancanza provoca la nullita' della notificazione per impossibilita' di accertare che questa sia effettivamente pervenuta al destinatario o nella sua sfera di effettiva conoscibilita'; nullita' che, peraltro, puo' restare sanata per effetto della costituzione del destinatario o della rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. Pur in presenza di tale specificazione, la suprema Corte non ha ritenuto di poter trarre in via interpretativa regole di maggior tutela per il notificatario, continuando dunque ad opinare che la data di notifica per quest'ultimo ancora debba coincidere con la data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (e non con la data di effettiva ricezione dell'atto da notificare o con una data convenzionale comunque successiva alla spedizione). Cio', si e' affermato, sarebbe conseguenza anche del fatto che la data di notifica per il destinatario puo' avere come riferimento i variabili momenti volta a volta ritenuti idonei dal legislatore ad individuare l'entrata dell'atto nella sfera di conoscibilita' «giuridica» del destinatario della notifica. Esaminando quindi proprio la consimile fattispecie notificatoria disciplinata dall'art. 8, della legge 20 novembre 1982, n. 890, la suprema Corte ha ritenuto che questa non possa essere applicata anche alla raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario, in ipotesi di notifica a persona irreperibile, da' notizia del compimento delle operazioni previste dall'art. 140 cod. proc. civ., ritenendo che le modalita' di notificazione previste nell'art. 140 c.p.c. siano appunto autonomamente idonee a porre l'atto nella sfera di conoscibilita' del destinatario (Cass. 26 febbraio 2008, n. 4959; Cass. 15 giugno 2007, n. 13984; Cass. 21 febbraio 2006, n. 3685; Cass. 8 gennaio 2002, n. 131; Cass. 26 gennaio 2000, n. 857). Il supremo Collegio ha avuto anche modo di precisare che l'eventuale diversita' di disciplina con altri tipi di notificazione come quella a mezzo posta puo' trovare obiettiva giustificazione nella diversita' dei relativi presupposti, il che escluderebbe che l'art. 140 c.p.c. si ponga in contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost.; ad esempio, nella notificazione a mezzo del servizio postale, il piego che e' depositato presso l'ufficio postale ed eventualmente resti ivi in giacenza per un tempo ritenuto non congruo dal giudice delle leggi, contiene l'atto da notificare, mentre, nell'ipotesi prevista dall'art. 140 cod. proc. civ., il piego in giacenza non contiene tale atto, bensi' l'avviso che lo stesso e' depositato presso la casa comunale. In effetti tale differenza sussiste, ma a ben vedere e' stata posta in rilievo dalla suprema Corte per escludere una lesione ai principi costituzionali di uguaglianza e difesa soprattutto, se non esclusivamente, in relazione alla durata del tempo di giacenza del plico e non in relazione alla data da cui dovrebbe prendere efficacia la notifica per il destinatario. La suprema Corte ha altresi' osservato che «... la Corte costituzionale, nel dichiarare l'illegittimita' dei commi due e tre dell'art. 8 cit., ha avuto riguardo proprio alla notificazione di atti giudiziari a mezzo del servizio postale (non ad altre attivita' cui la relativa disciplina potesse ritenersi estensibile), ed ha ritenuto che la tutela del diritto di difesa del destinatario della notificazione a mezzo del servizio postale possa conseguirsi attraverso le medesime garanzie gia' previste dall'art. 140 c.p.c. per la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, ossia la giacenza dell'atto da notificare per un tempo non eccessivamente limitato e l'avviso, a mezzo di lettera raccomandata, delle attivita' compiute. La procedura di notifica prevista dall'art. 140 c.p.c. e', dunque, da ritenersi gia' idonea a garantire i diritti del notificatario, al punto da essere assunta dal giudice delle leggi quale modello per altri tipi di notificazione ... ». Anche questo rilievo, tuttavia, se serve ad escludere che la disciplina dell'art. 140 c.p.c. sia intrinsecamente tale da collidere tout court con i principi costituzionali specificamente posti a presidio dei diritti difensivi (ad esempio, sotto il profilo di un'eccessiva o incongrua brevita' del termine che puo' residuare al destinatario della notifica per compiere successivi atti d'impulso o difesa, le volte in cui egli venisse concretamente a conoscenza dell'atto da notificare diversi giorni dopo la data di spedizione della raccomandata); e' ininfluente al fine di valutare il profilo della disparita' ingiustificata di disciplina che viene ora e qui in evidenza (in relazione al termine massimo di dieci giorni di cui puo' disporre il notificatario) a seguito ed in ragione della modifica apportata all'art. 8 della legge n. 890/1982 dall'art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35. Tale specifico profilo discriminatorio non risulta sia mai stato espressamente esaminato dalla suprema Corte e, per la verita', nemmeno dalla giurisprudenza di merito, tenuto conto che, pur essendo stata esaminata ex professo la problematica in oggetto in un articolato precedente di primo grado (Trib. Genova 3 novembre 2005, In D & G, 2006, 6, 19 e ss.), peraltro espressamente richiamato ed allegato da parte opponente, con tale decisione si e' piu' specificamente valutata un'eventuale lesione del diritto di difesa contemplato nell'art. 24 Cost. di cui potrebbe restare vittima il destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c., piuttosto che, direttamente, l'eventuale lesione al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., anche se tra le pieghe della motivazione questo profilo sembra comunque presente. In concreto, come gia' evidenziato e rilevato, deve ritenersi non manifestamente infondato il dubbio che l'art. 140 c.p.c. si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, oltre che con l'art. 24 Cost., se non interpretato ed applicato in modo conforme all'art. 8 della legge n. 890/1982. Sembra infatti probabile, come anche deduce l'opponente, che laddove il destinatario di una notifica ex art. 140 non possa beneficiare dei dieci giorni di tempo (massimo) previsti dall'art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 20 novembre 1982, si manifesti una ingiustificata disparita' di trattamento, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., perche' casi identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso. Di fatto, l'art. 8, quarto comma, dando un termine (massimo) di dieci giorni per il ritiro del piego, elimina in radice l'ingiusta erosione del termine per svolgere le successive attivita' difensive (come nel caso di specie per proporre opposizione a decreto ingiuntivo), riportando la situazione di garanzia delle parti in equilibrio: per un verso, lascia un tempo congruo al destinatario per ritirare l'atto; mentre, per l'altro, non rende troppo onerosa la notifica per il mittente che, comunque, potra' dare per notificato l'atto decorso il termine di dieci giorni. Un simile effetto non e' garantito dall'art. 140 c.p.c., esponendo il destinatario di una notifica effettuata ai sensi di tale norma ad un trattamento meno garantista, pur in presenza di presupposti di fatto analoghi e per di piu' sulla base di una scelta della tipologia di notifica che, come gia' segnalato nella citata sentenza della Corte cost. n. 348/1998, viene effettuata, di norma, «... da soggetti, l'ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilita' dell'atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, puo' richiedere all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora cio' non faccia, l'ufficiale giudiziario puo', a sua discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione ... ». E' quindi evidente che proprio il controinteressato potra' scegliere di far effettuare una notifica ex art. 140 c.p.c. privando il notificatario della maggior garanzia costituita dalla disciplina prevista dall'art. 8, legge n. 890/1982. Questa evidenza sarebbe gia' di per se' sola idonea a dimostrare la non conformita' a costituzione della detta lettura dell'art. 140 c.p.c. a prescindere dalle (comunque secondarie) differenze strutturali dei due procedimenti notificatori a confronto, poiche' la diversa allocazione del plico o dell'avviso (casa comunale o ufficio postale), o la piu' o meno indicativa serie di notizie fornite ora dall'ufficiale giudiziario (ex art. 40 disp. att. c.p.c.), ora dall'agente postale (ex art. 8, legge n. 890/1982), non possono considerarsi fattori in grado di giustificare una differenziata disciplina che discrimini la tutela del notificatario fino al punto da privarlo del ridetto maggior termine per rendersi effettivamente edotto dell'atto notificando e cio' per di piu' sulla base di una scelta - in ordine al modo di effettuazione della notifica - rimessa all'unilaterale arbitrio ed interesse del notificante o, nel migliore dei casi, dell'ufficiale giudiziario. Si ripropone dunque, sia pure in senso inverso, quel fine garantistico gia' segnalato sotto questo profilo dalla citata sentenza della Consulta n. 348/1998, con un rilievo direttamente refluente nella sfera dell'art. 3 Cost., ma con riflessi anche indiretti rispetto all'art. 24 Cost., nella misura in cui e' dato comunque ravvisare un difetto differenziale di tutela per il destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c., essendo questi costretto a presidiare con tendenziale continuita' e pervicacia la sua cassetta postale - come da piu' parti e' stato segnalato - anche in periodo di vacanza o ferie, per evitare il rischio di perdere tempo utile al compimento di attivita' difensive che prendano data a partire dall'avvenuta notifica, mentre molto meno rischiosa e onerosa e' la situazione del destinatario di un notifica postale ex art. 8, legge n. 890/1982. Deve inoltre segnalarsi che proprio la pronuncia della suprema Corte a SSUU n. 458 del 13 gennaio 2005, laddove fa salva in ogni caso la necessita' che l'avviso di ricevimento sia allegato all'atto notificato (poiche' la sua mancanza provocherebbe la nullita' della notificazione per impossibilita' di accertare che questa sia effettivamente pervenuta al destinatario o nella sua sfera di effettiva conoscibilita') concorre a far emergere il predetto profilo di inadeguata tutela difensiva. Infatti, nel ritenere che la verifica da compiere attraverso la fisica disponibilita' dell'avviso di ricevimento sia «postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento», la stessa suprema Corte finisce per porre implicitamente in evidenza la necessita' di una revisione del suo stesso orientamento, laddove continua ad affermare che per il notificatario la notifica ex art. 140 c.p.c. debba continuare a prendere data dalla spedizione della raccomandata. Non si vede, infatti, che senso abbia continuare ancora a ritenere che l'art. 140 c.p.c. presupponga un'efficacia della notifica per il destinatario coincidente con tale momento pur in presenza della prescrizione normativa dell'invio di una raccomandata con avviso di ricevimento, avviso che sembrerebbe tutt'al contrario esigere la consegna effettiva dell'atto. Ma anche a voler ritenere che in questo caso possa ipotizzarsi un meccanismo di formazione progressiva della fattispecie notificatoria, anche in senso condizionale, analogo a quello disegnato dalla suprema Corte per il notificante (nel senso che la notifica possa prendere data anche per il notificatario da un momento anteriore alla consegna materiale dell'atto o alla introduzione del medesimo nella sua sfera di effettiva conoscibilita'), non si vede per quale ragione dovrebbe antedatarsi il momento dell'efficacia della notifica per il destinatario solo ai fini dell'art. 140 c.p.c., in palese danno di quest'ultimo rispetto al destinatario di una notifica ex art. 8, legge n. 890/1982. Inoltre, la suprema Corte, come si e' visto sopra, ha anche ritenuto di escludere l'incostituzionalita' dell'art. 140 c.p.c. sul presupposto della sussistenza di differenze di struttura procedimentale rispetto alla fattispecie notificatoria di cui all'art. 8, legge n. 890/1982 e cio' perche' solo in caso di notifica ex art. 140 c.p.c. verrebbe inviato al destinatario un avviso con cui si da' notizia del tipo e contenuto dell'atto notificando (ex art. 48 disp. att. c.p.c.). Si e' gia' osservato che una tale differenza e' stata prospettata in relazione all'eventuale sospetto di costituzionalita' afferente al tempo di giacenza del plico e non ai fini di decorrenza degli effetti della notifica per il destinatario. Ma deve ora aggiungersi che la stessa suprema Corte, a partire dalla pronuncia n. 458/2005, finisce per considerare irrilevante anche la suddetta differenza strutturale. Essa, infatti, anche se ha ritenuto che per il notificante la notifica ex art. 140 c.p.c. prenda effetto dalla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, ha considerato comunque necessario che il notificante, esibendo l'avviso di ricevimento, ponga il Giudice nelle condizioni di verificare se l'atto sia stato effettivamente consegnato al destinatario o sia comunque convenientemente entrato nella sua sfera di conoscibilita', il che significa che nessun rilievo ha piu' la circostanza che spedendo l'avviso ex art. 140 c.p.c. l'ufficiale giudiziario metta il notificatario Potenzialmente in grado di conoscere la natura dell'atto notificando (il che non avverrebbe spedendo l'avviso ex art. 8, legge n. 890/1982), poiche' cio' che conta, nella nuova ricostruzione interpretativa della suprema Corte, e' la produzione dell'avviso di ricevimento come strumento per accertare l'effettiva conoscenza o conoscibilita' dell'atto. Pertanto sembrerebbe non esservi piu' motivo di distinguere le due forme di notifica in esame sulla base ad una differenza - la possibilita' di immediata conoscenza dei dati salienti dell'atto da notificare per la Presenza delle indicazioni prescritte dall'art. 48 disp. att. c.p.c. - che non rileva comunque ai fini della decorrenza di efficacia della notifica ex art. 140 c.p.c., ne' per il notificante, ne' per il notificatario. Tuttavia occorre all'uopo rilevare ed evidenziare che, nel caso specifico che ci occupa e di cui al presente giudizio, l'avviso affisso alla porta ed immesso in busta chiusa successivamente spedita al notificato a mezzo raccomandata il 15 febbraio 2006 - da questi ricevuta il 17 febbraio 2006 - non puo' certamente ritenersi sufficiente a mettere quest'ultimo nelle reali condizioni di conoscenza e/o conoscibilita' dell'atto allo stesso notificato, in considerazione che nel caso specifico in detto avviso e' stata data una notizia erronea (cfr. documentazione allegata in atti) in quanto relativa ad un atto proveniente dal «Tribunale di Ragusa» anziche', come realmente invece correttamente era, dall'«Ufficio del Giudice di pace di Comiso», oltre che senza alcuna altra specificazione in merito alla natura dello stesso, pertanto il destinatario, senza l'effettivo ritiro dell'atto medesimo presso la casa comunale dell'atto notificato - avvenuto solo in data 20 febbraio 2006 - non poteva in alcun modo essere a conoscenza e/o essere nelle condizioni di conoscibilita' dell'atto stesso e della sua natura, oltre che della sua reale ed effettiva provenienza. Peraltro, sempre nel caso di specie, risulta documentalmente riscontrabile in atti che nei giorni di sabato e domenica (18 febbraio 2006 - 19 febbraio 2006) immediatamente successivi alla ricezione (17 febbraio 2006) da parte del notificato della raccomandata spedita dall'Uff. Giud. il 15 febbraio 2006 (ovvero 16 febbraio 2006 come risultante dall'attestazione del timbro postale riportato sulla busta in atti) e contenente l'avviso dell'avvenuto deposito - erroneo ed incompleto in tutta la sua compilazione - i competenti uffici comunali ove detto atto notificato e' stato depositato sono rimasti chiusi e, pertanto, detto notificato opponnete si e' trovato nella materiale impossibilita' di ritirare l'atto, ne' tantomeno allo stesso puo' essere imputabile alcuna negligenza. A tal proposito occorre inoltre specificatamente rilevare ed evidenziare, quantomeno, la carenza e/o incompletezza e/o incertezza dell'effettivo esito del procedimento notificatorio che consegue alla detta costante ed univoca interpretazione dell'art. 140 c.p.c. e che in questa sede si porta all'esame di legittimita' da parte della Corte costituzionale, in considerazione che la stessa giurisprudenza di legittimita', come anche quella di merito, affermano altresi' che «... In tema di notificazione a persona irreperibile, l'espletamento della procedura di cui all'art. 140 c.p.c. comporta una presunzione semplice di validita' ed efficacia dell'atto, fondata sulla relata dell'Ufficiale giudiziario, superabile con qualsiasi mezzo di prova, tanto con riferimento alla circostanza della effettiva ubicazione della residenza del destinatario nel luogo di notifica, quanto a quella della effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario (nell'affermare tale principio, la S.C. ha ritenuto efficacemente superata la presunzione di conoscenza de qua a seguito della esibizione, da parte del destinatario irreperibile, di una certificazione dell'amministrazione postale attestante che il competente ufficio, non avendo mai ricevuto la raccomandata con il relativo avviso di ricevimento, non aveva mai provveduto alla sua spedizione) (Cassazione civile, sez. I, 23 giugno 1998, n. 6233); » «... La procedura di notificazione a norma dell'art. 140 c.p.c. deve considerarsi perfezionata nel momento in cui l'ufficiale giudiziario abbia a completamento delle altre formalita', spedito la raccomandata con la quale egli da' notizia degli estremi dell'atto, indipendentemente dalla consegna della raccomandata al destinatario. Tale affermazione deve essere intesa non nel senso che al fine della costituzione di un valido contraddittorio (che rappresenta lo scopo cui e' destinata la notificazione), sia irrilevante la ricezione da parte del destinatario della raccomandata, ma nel senso che la formalita' della spedizione configura attivita' idonea in ordine alla presunzione di conoscenza dell'atto da parte del destinatario. In altri termini in tale procedura e' vero che il compimento di tutte le formalita' previste dall'art. 140 c.p.c., determina, in via presuntiva, la conoscenza dell'atto da parte del destinatario e quindi la validita' della notifica, ma e' altrettanto vero che tale presunzione puo' venire meno, con conseguente giudizio di invalidita' della notifica, quando si raggiunge la prova della mancata conoscenza dell'atto da parte del destinatario. ... » (Corte appello Roma, sez. III, 1° marzo 2006, n. 1128). E' pertanto conseguente sollevare questione di legittimita' costituzionale in via incidentale dell'art. 140 c.p.c. letto alla luce dell'orientamento interpretativo della suprema Corte nel senso fin qui rilevato, dovendo questo ritenersi non conforme ai gia' detti parametri costituzionali di uguaglianza e di tutela del diritto di difesa. Si tratta infatti di una norma che - in un quadro, come evidenzia la suprema Corte, della notifica quale atto che crea una presunzione di conoscibilita' legale - divarica nettamente lo scarto tra conoscibilita' legale e conoscenza effettiva, perche' dettata in modo tale che il compimento delle formalita' da essa previste, qualunque ne sia l'esito sul piano appunto della effettivita', perfezionerebbero la notifica. Non si puo' all'uopo non rilevare, peraltro, che la suprema Corte e' incorsa in una sintomatica incongruenza logica: la data certa, in effetti, risulta dalla relata dell'ufficiale giudiziario in relazione all'effettuazione di tutte le previste formalita' e quello che invece puo' dare come data certa la formalita' della raccomandata e' il momento in cui il destinatario della notifica ha preso conoscenza del procedimento notificativo e non certamente dell'atto. Da cio' e' del tutto evidente che i richiamati recenti interventi del giudice di legittimita' non tutelano il destinatario, restringendosi detta tutela alla spedizione della raccomandata informativa. Occorre peraltro comprendere come possa, a questo punto, da soia la spedizione inserire l'atto nella sfera di conoscibilita', se non fondandosi su una perfetta e drastica fictio juris. Sul piano della verita' materiale e, parimenti, su quello logico-razionale sussiste conoscibilita' nel momento in cui un atto entra nella sfera del destinatario e cio' accade successivamente al momento in cui viene spedito in tale direzione. Cio' trova riscontro, sul piano sostanziale, proprio in una norma giuridica quale l'art. 1335 cod. civ. la quale pone in essere la «presunzione di conoscenza» (ovvero la conoscibilita' giuridica) degli atti recettizi «nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario» e non nel momento in cui sono spediti a tale indirizzo. Questa realta' logica e' alla radice della previsione, nell'art. 140 c.p.c., della raccomandata «con avviso di ricevimento» ed e' alla radice, altresi', delle considerazioni del ruolo da attribuirsi a tale avviso nelle sopra citate ordinanze delle Sezioni unite. Qualunque sia, allora, il ruolo che si riconosce all'avviso di ricevimento, cio' incide esclusivamente nell'ipotesi di mancata costituzione del destinatario, senza pero' fornire alcuna tutela al destinatario che si costituisce: in altre parole, se il destinatario si costituisce, per legge egli ha avuto conoscenza non quando la raccomandata informativa e' giunta al suo indirizzo, bensi' quando vi e' stata spedita. Cio' comporta, in effetti, una riduzione dei termini a difesa (siano quelli per proporre una opposizione, siano quelli di comparizione per una costituzione tempestiva) rispetto ai soggetti che ricevono la notifica a mani proprie oppure a mezzo posta. Nel complessivo sistema notificatorio civile, a ben guardare, nessuna altra ipotesi di notificazione configge cosi' evidentemente con il principio della ricezione che, essendo ictu oculi l'ovvio strumento di instaurazione del contraddittorio, e' tradizionalmente riconosciuto come fondante nel sistema suddetto. E' vero che, sempre tradizionalmente, tale principio e' stato identificato nella conoscibilita' legale, anziche' nella cognizione effettiva (cfr. in tal senso gia' S.U. 1948 n. 1782); non si puo' non osservare, tuttavia, che appunto nelle ulteriori norme del sistema notificatorio (a parte la fattispecie sui generis ex art. 150 c.p.c.) non vi e' altra norma che non identifichi il perfezionamento della notifica nella ricezione dell'atto, tranne l'art. 143 c.p.c., che peraltro a sua volta non identifica il perfezionamento nel compimento delle formalita', ma concede uno spatium successivo a tutela del destinatario. Questo introduce all'analisi della fictio juris che integra evidentemente l'art. 140: e' vero che il legislatore ordinario ha discrezionalita' ed, in particolare, l'ha di istituire diversi tipi di notificazione, ma e' altrettanto vero che la fictio juris trova confine nel rispetto dei diritti costituzionali. La formalita' giuridica, infatti, non puo' essere autoreferente rispetto alla sostanza valoriale della Costituzione, dovendola al contrario tutelare in un'ottica di equilibrio complessivo della fattispecie. Violazione del novellato testo dell'art. 111 della Costituzione. Nel caso in questione, la legittimita' costituzionale della fictio juris rappresentata dall'ingresso nella sfera di conoscibilita' legale tramite la mera spedizione della raccomandata e non il pervenimento di questa all'indirizzo, non puo' non essere vagliata non piu' soltanto in riferimento al generale principio della ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., nonche' all'art. 24 Cost., ma deve anche confrontarsi con il novellato testo dell'art.111 Cost. il quale ai primi due commi, partendo significativamente dall'ottica della «giustizia» del processo, costituzionalizza il «principio del contraddittorio» come elemento costitutivo di «ogni processo». La tutela del contraddittorio, quindi, assume un valore primario e calibrante gli eventuali conflitti con altri interessi costituzionalmente rilevanti. A fortiori dunque una fictio juris che incide sulla instaurazione del contraddittorio nel senso di identificare il momento in cui questo si realizza (con le ovvie ricadute sulle facolta' difensive ad esso conseguenti) dovra' essere ancorata a specifici motivi di ragionevolezza e comunque non incidere effettivamente sulla sostanza dialettica del processo. Nel caso in esame, a differenza di quando la Corte costituzionale in precedenza intervenne ex professo sull'art. 140, la ragionevolezza della fictio non puo' piu' supportarsi sulla tutela del diritto di azione del notificante il quale, mentre all'epoca non godeva di alcun effetto anticipatorio per cui poteva essere pregiudicato da una artefatta irreperibilita' del destinatario, ora non patirebbe alcun significativo detrimento se la notifica si perfezionasse decorso il breve termine di dieci giorni dalla spedizione o al momento della ricezione della raccomandata informativa o ricezione effettiva dell'atto (se anteriori). Ne' d'altronde appare oramai incensurabile sul profilo della ragionevolezza l'asserto, di cui si avvalse la precedente giurisprudenza, che il soggetto destinatario che si allontana temporaneamente dal luogo in cui potrebbe essergli fatta notifica a mani proprie debba predisporre sempre e subito per una presenza sostitutiva, dato che, affinche' scatti la fattispecie ex art. 140, e' sufficiente un'assenza anche del tutto momentanea; l'asserto suddetto, inoltre, potrebbe accordarsi a un concetto di minima diligenza per quanto concerne le persone giuridiche, ma non per le persone fisiche, considerata anche la notoria evoluzione sociale che vede incrementarsi il numero di famiglie composte da un solo individuo. D'altronde, non sarebbe rispettoso del valore costituzionalizzato del contraddittorio porre come presupposto per avvalersene in pieno oneri gravosi, senza che cio' sia giustificato dalla tutela di altri soggetti. Una simile scelta, invero, andrebbe a confliggere con quel principio della effettivita' del contraddittorio che e' stato riconosciuto come racchiuso, appunto, nei novellato art. 111/2 Cost. proprio dalla suprema Corte (da ultimo, cfr. la citata ordinanza SS.UU. n. 627 del 2008). Non privo di significato e' poi il fatto che la stessa pronuncia abbia perseguito ermeneuticamente una disciplina parallela per le due ipotesi di raccomandata con avviso di ricevimento che si riscontrano nel sistema delle notifiche, cogliendo l'oggettiva connessione che collega, per tale adempimento, gli articoli 149 e 140 c.p.c. In conclusione, identificare, qualora il processo sia avviato con notifica ex art. 140 c.p.c., l'instaurazione del contraddittorio con il momento perfezionativo della notifica dal punto di vista solo del notificante, senza tenere conto del momento in cui l'atto informativo entra (che e' cosa diversa dall'esservi spedito) nella sfera di conoscibilita' (si noti, non si censura il meccanismo consolidativo della compiuta giacenza) del notificato, significa da un lato configurare il contraddittorio come mero simulacro e non in modo effettivo - il che contrasta con l'art. 111, secondo comma, Cost. nella parte in cui impone l'effettivita' del contraddittorio in ogni processo -, dall'altro far prevalere la posizione del notificante su quella del notificato senza che cio' sia supportato da una ragionevole esigenza di tutela del notificante - il che contrasta sia con il principio della parita' delle parti sempre dettato dalla stessa norma costituzionale, sia con l'ancor piu' generale principio della «giustizia» del processo, rinvenibile nell'art. 111, primo comma, Cost. In conclusione, dovendosi ritenere rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 140 c.p.c., in relazione agli articoli 111, primo comma e secondo comma, Cost., art. 3 Cost. ed a 24 Cost., nella parte in cui non prevede che II contraddittorio si all'atto della effettiva consegna al destinatario o a chi per esso dell'atto notificato o, qualora la consegna non sia ancora avvenuta, al verificarsi della compiuta giacenza della raccomandata contenente l'avviso del procedimento notificatorio, gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale e il presente giudizio va sospeso ai sensi di legge.